E’ morto a 87 anni Folco Quilici, documentarista e ambientalista
La prestigiosa rivista ‘Forbes’ lo dichiaro’ una delle cento firme piu’ influenti al mondo
E’ morto all’ospedale di Orvieto Folco Quilici, uno dei piu’ importanti documentaristi, regista, scrittore e ambientalista. Aveva 87 anni ed era originario di Ferrara. La notizia della morte di Quilici e’ stata confermata anche dal sindaco di Orvieto Giuseppe Germani. Quilici aveva casa a Ficulle, piccolo centro dell’orvietano. Era ricoverato all’ospedale di Orvieto da qualche giorno e li’ e’ morto stamani. Qualche giorno fa si era sentito male e sembra fosse stato soccorso dal 118. Germani ricorda “con affetto” Quilici, sottolineando come sia stato “uno dei testimoni della lunga e intensa avventura quale fu il risanamento della Rupe di Orvieto e del Colle di Todi”. “Quilici – aggiunge Germani – fu parte attiva di quell’esperienza che seppe raccontare mirabilmente nel documentario ‘Gioielli di Pietra: Orvieto e Todi citta’ da salvare’ fornendo un contributo significativo sulle origini, la storia, i problemi del dissesto idrogeologico ma anche documentando gli interventi di salvaguardia che vennero realizzati, man mano, in tanti anni di attuazione delle Leggi speciali per Orvieto e del Progetto Orvieto”.
QUIRINALE
“Scompare con Folco Quilici una figura di intellettuale moderno che ha saputo dare alle immagini il senso profondo della narrazione del nostro pianeta. La duplice dimensione che ha saputo offrire nelle sue opere, con una asciutta e ricca documentazione di sapore antropologico e con quella legata, invece, alla vita degli animali, ci ha proposto letture dei territori, a partire da quello marino, di una originalità insuperata, aprendoci a mondi e civiltà sino ad allora solo fantasticate dal grande pubblico. Il contributo dato, in particolare, alla conoscenza del nostro Paese, iniziata con la serie “l’Italia vista dal cielo”, ha rappresentato un passo decisivo nella crescita di una educazione e di una cultura ambientalista. Scrittore, autore e regista tra i più apprezzati a livello internazionale, Quilici ha recato al patrimonio della conoscenza universale, il dono della sua opera. Alla moglie Anna, al figlio Brando, a tutti familiari, rivolgo i sentimenti di cordoglio del Paese e di riconoscenza della Repubblica”. Lo ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
CHI ERA
Folco Quilici e’ l’autore di decine e decine di serie di documentari televisivi, da ‘Malimba’ a ‘L’alba dell’uomo’, da ‘Mediterraneo’ a ‘Arcipelaghi’ dagli anni ’50 sino al 2010, oltre ad aver curato per Rai3 negli anni ’70 la rubrica ‘Geo’, opere che lo hanno reso popolare a livello internazionale, tanto che la prestigiosa rivista ‘Forbes’ lo dichiaro’ nel 2006 una delle cento firme piu’ influenti al mondo per il suo lavoro sull’ambiente, grazie anche al una capacita’ di coinvolgere il pubblico, grandi e piccini, con la sua sorridente amabilita’, il cercar di far capire senza mai montare in cattedra. Per chi era ragazzo negli anni ’60, ma anche per chi e’ venuto dopo e l’ha potuto vedere, resta comunque l’autore di un film affascinante e poetico sulla perdita dell’armonia della natura con l’avanzare della civilta’, ‘Ti Koyo e il suo pescecane’ (Premio Unesco per la Cultura del 1961), sull’incontro tra un ragazzino in un’isola della Polinesia e un piccolo squalo che si ritroveranno da adulti e collaboreranno nella pesca di ostriche perlifere, finche’ tutto sara’ rovinato dall’invidia degli altri. Nato probabilmente girando nel 1957 ‘L’ultimo paradiso’, proprio tra quegli arcipelaghi del Pacifico, questo film resta un po’ il momento culminante del lavoro, della poetica di Quilici, che avrebbe compiuto 88 anni il 9 aprile, con la sua capacita’ di fondere narrazione e documentarismo, che era gia’ in nuce nel suo primo lavoro di successo ‘Sesto continente’ (Premio Speciale alla Mostra del Cinema di Venezia del 1954), grande documentario subacqueo sul mondo del mare girato in 130 giorni lungo le coste dell’Africa, che attiro’ l’attenzione per il suo rigore scientifico guidato da una curiosita’ senza sensazionalismi e banalizzazioni disneyane, ma unito a un senso dell’avventura e della scoperta. Nato a Ferrara il 9 aprile 1930, figlio del giornalista Nello Quilici e dalla pittrice Emma Buzzacchi, crebbe scoprendo a appassionandosi al cinema avvicinato in modo amatoriale, finendo per specializzarsi in riprese sottomarine, con le quali debutta nel 1949 con ‘Pinne e arpioni’, girato in Sardegna.[irp]
E’ in questo settore che la sua fama crescera’ non solo in Italia, ma anche all’estero. Nel suo lavoro, in cui ha avuto vicino sempre sua moglie, ha cercato di avere accanto nomi di studiosi e scrittori di alto profilo. Per i tredici film della serie ‘Mediterraneo’ e gli otto di ‘L’Uomo Europeo’ Quilici si e’ avvalse della collaborazione dello storico Fernand Braudel e l’antropologo Levi Strauss, come in altre occasioni ha chiesto commenti per le proprie immagini a Cesare Brandi, Italo Calvino, Guido Piovene, Ignazio Silone o Mario Soldati. Ha cosi’ collezionato mille riconoscimenti, che vanno, per citare i principali, dall’Orso d’Argento al festival di Berlino nel 1956 con ‘Ultimo Paradiso’, al Davide di Donatello e il Premio Speciale Festival di Taormina vinti con ‘Oceano’ nel 1972, l’anno dopo di una candidatura all’Oscar per il documentario con quello dedicato alla Toscana della serie ‘L’Italia vista dal cielo’, 14 film girati in elicottero per tutto il paese. Accanto all’intensissima attivita’ di documentarista, restano altri suoi film veri e propri d’avventura e di mare e molti libri, i tanti di viaggio, da ‘Sesto continente’ (premio Marzotto 1955) a ‘Africa’ (premio Estense nel 1993) , ma anche romanzi come ‘Cacciatori di Navi’ , ‘Cielo Verde’, e, del 1999 con ‘Alta Profondita”, la serie composta da ‘L’Abisso di Hatutu’ , ‘Mare Rosso’ (Premio Scanno nel 2003), ‘I Serpenti di Melqart’, ‘La Fenice del Bajkal’, poi libri per bambini, e in tutta la sua opera il suo amore per il mare e l’impegno verso l’ambiente e il pericolo che corre la nostra civilta’ era sempre il motivo centrale. Senza dimenticare che ha operato sin da giovanissimo come fotografo, accumulando oltre un milione d’immagini a colori e in bianco e nero, ora affidate all’Archivio Alinari. Quilici, che aveva girato tutto il mondo, sin nei posti piu’ sperduti, specie negli anni dei suoi inizi, immergendosi negli abissi come levandosi in volo per documentare da punti di vista nuovi la bellezza del nostro mondo, se la prendeva con chi ”oggi pretende di salvare il pianeta standosene comodamente seduto in poltrona e senza interrogarsi circa i propri consumi”. A proposito del proprio lavoro sosteneva che era ”importante stingere rapporti con le persone che gravitano attorno alla storia che si intende raccontare, parlare con loro, costruire magari delle amicizie. Perche’ da queste persone ti arrivano punti di vista diversi sui fatti, sulla storia, sui personaggi, che possono essere spunti interessanti, materiale vivo che interessa te e poi lo spettatore”.[irp]