Omicidio Poggi: un messaggio inquietante, nuove ombre su un caso chiuso

Chiara Poggi e Alberto Stasi
A diciotto anni dall’omicidio di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, la Procura di Pavia indaga su nuovi elementi. Messaggi e testimonianze, tra cui quelli delle cugine Cappa, riaccendono i riflettori su Alberto Stasi, condannato a 16 anni.
I verbali di Stefania: una vita interrotta
Stefania Cappa, nei quattro verbali resi ai carabinieri, ha ricostruito con precisione quel tragico 13 agosto. “Dalle 7 alle 9:20 ho studiato diritto penale, poi ho parlato al telefono con un’amica fino alle 10:15. Ho ripreso a studiare fino alle 11:30, pranzato e sono andata in piscina fino alle 15,” ha dichiarato. Una routine normale, spezzata dalla notizia della morte di Chiara, sua cugina e confidente.
Stefania descrive un rapporto stretto con Chiara, con incontri quasi quotidiani nell’ultimo mese. L’ultimo contatto risale al 10 agosto, quando si erano promesse di vedersi il pomeriggio del 13, appuntamento mai avvenuto. “Chiara era come una sorella,” ha raccontato Stefania, sottolineando il dolore per la perdita.
Le sue parole, verificate dagli inquirenti, smentiscono le voci di dissidi familiari. Tuttavia, un dettaglio emerge: Chiara aveva confidato a Stefania che Alberto Stasi “guardava cose pornografiche”, un elemento che aggiunge complessità al ritratto del condannato.
Un incontro sotto i riflettori
Il 17 agosto 2007, quattro giorni dopo l’omicidio, Stefania e Stasi si trovano nella stessa stanza in attesa di essere interrogati. L’incontro, immortalato in un video, mostra un abbraccio tra i due. “Gli ho chiesto se Chiara avesse respinto qualche spasimante. Mi ha risposto: ‘Assolutamente no’,” ricorda Stefania.
Durante la conversazione, Stefania domanda a Stasi perché sia entrato in casa scavalcando il muretto, nonostante il cancello chiuso e l’assenza di risposte maailman da Chiara. “Gli ho detto: ‘Perché hai fatto una cosa così? Nei corsi del 118 ci insegnano l’autotutela’,” spiega. Stasi, visibilmente scosso, risponde di essere stato sotto shock e scoppia in lacrime, confessando la paura di non trovare lavoro come commercialista.
Le “Gemelle K” e l’odio social
Paola e Stefania Cappa, ribattezzate “gemelle K” dai media, sono da anni nel mirino di speculazioni e attacchi online. La foto scattata davanti alla villetta di Garlasco, dove posano sorridenti, è stata interpretata da molti come un gesto provocatorio. “È stato un errore di gioventù, non c’era alcuna intenzione di mancare di rispetto,” ha dichiarato Stefania in un’intervista recente, cercando di placare le polemiche.
Le nuove rivelazioni, come il messaggio di Paola, alimentano ulteriormente il dibattito sui social. “La gente giudica senza conoscere i fatti,” commenta Marco Bianchi, criminologo e opinionista televisivo. “I social amplificano sospetti infondati, ma le indagini devono basarsi su prove concrete.”
Una verità ancora lontana?
A quasi diciotto anni dal delitto, il caso Poggi resta un enigma. Le nuove indagini, pur basate su elementi come i messaggi di Paola Cappa, non sembrano aver prodotto prove decisive per ribaltare la condanna di Stasi. “Ogni caso irrisolto lascia spazio a dubbi, ma riaprire un processo richiede fatti, non congetture,” afferma Laura Rossi, docente di diritto penale all’Università di Pavia.
Nel frattempo, Garlasco vive nel ricordo di Chiara. La villetta di via Pascoli, oggi disabitata, è un monito silenzioso. La comunità locale, stanca delle luci dei riflettori, chiede riserbo: “Vogliamo ricordare Chiara, non rivivere il processo,” dice un residente.
Giustizia o illusione?
Il caso Poggi dimostra quanto sia difficile trovare closure in un delitto che ha scosso l’Italia. Le nuove indagini potrebbero portare a una revisione del processo, ma il rischio è che si tratti di un’ennesima illusione per chi cerca risposte. La verità, se ancora nascosta, richiederà tempo e prove inconfutabili. Nel frattempo, il nome di Chiara Poggi continua a risuonare, simbolo di una giustizia che non si arrende.