Un conto da mezzo miliardo di euro. È la posta in gioco sullo scacchiere della finanza pubblica che ha portato oggi il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, al tavolo del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Al centro dei colloqui, svoltisi nel pomeriggio al Mef, gli effetti collaterali della riforma Irpef: una misura nazionale che, pur apprezzata per l’alleggerimento del carico sulle classi medie, rischia di lasciare una ferita aperta nei conti dell’Isola. “La Regione rischia di subire dal 2025 un calo di gettito stimato in circa 500 milioni all’anno” ha detto Schifani.
Il patto virtuoso a rischio
Un vertice tecnico, con la presenza del Ragioniere Generale dello Stato, Daria Perrotta, dell’assessore siciliano all’Economia Alessandro Dagnino e del Ragioniere generale della Regione, Ignazio Tozzo. Schifani non è venuto per chiedere sconti, ma per presentare il conto, in sostanza. Quello di un “ristoro” necessario per compensare il calo di gettito stimato in 500 milioni di euro annui a partire dal 2025. Un buco nero che minaccia di sabotare il virtuoso percorso di risanamento dei conti intrapreso da Palermo.
Il governatore ha ribadito la piena condivisione della filosofia della riforma fiscale del governo. Ma ha posto una questione di equità: non si può penalizzare una Regione che sta faticosamente mettendo ordine nel suo bilancio, ereditato da un passato di dissesto.
Il nodo storico dell’autonomia finanziaria
La partita, però, va ben oltre la compensazione immediata. Schifani ha spinto con forza per la riattivazione del tavolo bilaterale permanente con il Mef. L’obiettivo è smuovere le acque su questioni irrisolte che bloccano la piena attuazione dell’autonomia finanziaria siciliana, sancita dallo Statuto.
In particolare, l’articolo 37 che attribuisce alla Regione la quota dei redditi prodotti da imprese con sede legale fuori dall’Isola ma con stabilimenti e impianti nel territorio siciliano. Sul piatto anche altri dossier spinosi: il riconoscimento delle imposte di bollo sui rapporti bancari e finanziari avviati in Sicilia e il contributo unificato per i procedimenti giudiziari pendenti. Sono i capitoli di un antico contenzioso che Roma e Palermo cercano di chiudere.
La trattativa continua: le rassicurazioni di Roma
La risposta di Roma è stata improntata all’apertura. Il ministro Giorgetti, stando alle ricostruzioni ufficiali, ha garantito piena disponibilità a un “dialogo costruttivo”. Si impegna a definire con precisione l’entità del ristoro e ad approfondire le questioni legate allo Statuto.
Il tavolo bilaterale, fonte della disputa, sarà convocato a breve. È la prima, concreta ammissione che la questione siciliana merita un capitolo a parte nella manovra nazionale. “Sono soddisfatto dell’esito dell’incontro”, le parole di Schifani, a caldo e che confermano un clima disteso. L’incontro ha consolidato il rapporto tra esecutivo nazionale e regionale, nel segno del riconoscimento dello sforzo di risanamento in atto.
“Siamo fiduciosi – ha aggiunto il governatore – nelle rassicurazioni del ministro Giorgetti per individuare rapidamente un adeguato ristoro”. La partita è solo rinviata. Ora si entra nel merito dei numeri e dei diritti. La Sicilia, forte del suo statuto speciale, ha presentato il suo conto. Il Mef ha accettato di esaminarlo. La trattativa, la vera trattativa, inizia adesso.