Vertice Ue-Celac: 135 progetti per 45 miliardi di investimenti ai paesi latinoamericani

Vertice Ue-Celac: 135 progetti per 45 miliardi di investimenti ai paesi latinoamericani
18 luglio 2023

Un vertice caratterizzato dallo stallo e dalle tensioni quello tra Ue e Celac,  a otto anni dall’ultima volta. I leader dell’Unione europea, dell’America Latina e dei Caraibi si sono ritrovati a Bruxelles, ma non sono mancate le frizioni tra i 48 capi di Stato e di governo dei due continenti, nonostante un nuovo piano di investimenti da 45 miliardi di euro lanciato dalla Commissione europea. Alla fine si è concluso dopo un’estenuante trattiva con una dichiarazione in 41 paragrafi che è stata “approvata da tutti i paesi membri, con una sola eccezione, a causa del disaccordo su un paragrafo”, come si legge in una nota a pié di pagina alla fine del testo. Il paese in questione è il Nicaragua, e il suo disaccordo riguarda il paragrafo 15 sulla “guerra contro l’Ucraina”, che è stato approvato invece dagli altri 59 paesi, 32 della Celac e i 27 dell’Ue.

 

Il Nicaragua si mette di traverso

 

E così il vertice svoltosi ieri e oggi a Bruxelles, si è concluso con alcune ore di ritardo a causa della divergenza sulle conclusioni sull’Ucraina da parte di un solo paese, il Nicaragua (all’inizio c’erano problemi anche con Cuba e Venezuela, poi rientrati); ma a parte questo disaccordo, finito in una nota a pié di pagina, può essere considerato un successo riguardo alle ragioni principali per cui era stato convocato. L’obiettivo era quello di riannodare le relazioni con un continente storicamente, culturalmente e linguisticamente vicinissimo, soprattutto ai paesi latini dell’Europa, con l’impegno a intraprendere insieme un nuovo rapporto economico su nuove basi di rispetto e vantaggio reciproco, e non più sullo sfruttamento colonialista con cui questo rapporto era cominciato cinque secoli fa e si era successivamente sviluppato.

L’Europa ha bisogno, oggi, di rivolgersi a partner affidabili e fidati, culturalmente a lei vicini, per rimpiazzare almeno in parte la dipendenza delle proprie catene di approvvigionamento dai “rivali sistemici” come la Cina, per non parlare della Russia, e per entrare in una nuova fase di sviluppo di una globalizzazione controllata, di sicurezza economica, di certezza e stabilità delle proprie catene del valore. E l’Ue ha bisogno di avere altri alleati stretti, oltre ai paesi del G7, alle Nazioni Unite e nell’arena internazionale. L’America latina, da parte sua, è sempre più oggetto delle attenzioni e degli investimenti cinesi, apparentemente senza richieste di contropartite, ma in realtà funzionali alle mire strategiche ed egemoniche di lungo termine di Pechino, nella sua prospettiva di diventare la prima potenza economica mondiale.

 

Investimenti per 45 miliardi di euro

 

Anche se l’Ue e gli Stati Uniti sono complessivamente ancora i maggiori investitori nella regione, la Cina sta recuperando posizioni a passi da gigante, come notava nei giorni scorsi il quotidiano tedesco Handelsblatt, diventando il principale partner commerciale della maggior parte dei paesi latino americani, con un aumento di 26 volte i suoi investimenti dal 2000 al 2020, 21 paesi nel progetto “Belt and Road” e la costruzione di enormi terminali portuali in Perù e Cile e anche nei porti franchi dei Caraibi. Come ha sintetizzato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, l’Ue, con il suo programma “Global Gateway”, ha lanciato in questi giorni, parallelamente al vertice Ue-Celac, programmi per investimenti in America latina per 45 miliardi di euro, con 135 progetti già in preparazione, anche se devono ancora essere definite le aree di intervento, che andranno dall’idrogeno verde, alle materie prime strategiche, all’economia digitale, ai vaccini.

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L’Ue, inoltre, ha firmato ieri due protocolli d’intesa con l’Argentina e l’Uruguay per l’energia verde e l’idrogeno e un accordo sulle materie prime con il Cile. L’Unione europea, inoltre, intende arrivare entro la fine dell’anno a rilanciare l’accordo con il Mercosur (il mercato comune di Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, concluso nel 2019 ma da allora congelato), e a modernizzare l’accordo commerciale con il Messico, mentre entro la fine della settimana dovrebbe essere rinnovato anche l’accordo Cotonou con i paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico. L’intervento forse più significativo, durante la conferenza stampa alla fine del vertice, è stato quello del presidente dell’Argentina Alberto Ángel Fernández: “Sono contento – ha detto -, non solo per la firma dell’accordo energetico di ieri” con la Commissione europea, “una cosa molto importante perché dà certezza giuridica agli investitori europei che sono interessati all’energia. Sono anche molto contento perché è la prima volta che abbiamo potuto discutere e parlare con la massima chiarezza di un meccanismo per porre fine all”estrattivismo’ in America latina”.

“Estrattivismo”, ha spiegato, è “questa idea che l’America Latina sia solo fornitrice di materie prime, e sembrava che dovesse sempre esserlo ha impedito di industrializzare questa produzione primaria. E’ la prima volta che siamo riusciti a parlare di questo tema, dell’estrattivismo, senza sensi di colpa; e lasciatemi dire tra il serio e il faceto che ci sono voluti cinque secoli ma finalmente ce l’abbiamo fatta, adesso ci siamo riusciti. E finalmente possiamo pensare ai prodotti della nostra terra, delle nostre miniere, e valorizzarli, contando sugli investimenti europei. Questo per noi è molto molto importante e motivo di incoraggiamento”. “Così come – ha concluso il presidente argentino – è stato incoraggiante anche aver potuto avere questo dialogo franco, trovando sempre un punto di contatto con l’Europa sul rispetto della democrazia, dello stato di diritto e il pieno rispetto dei diritti umani su queste basi che sono molto solide nei nostri paesi e a cui diamo tanto valore”.

 

Meloni incontra Fernandez Lacalle Pou

 

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni ha avuto parole nette nel suo intervento in plenaria. “Ho sentito qui diversi parlare di pace. Penso però che dobbiamo dare alle parole il giusto significato che hanno: la parola pace non può essere confusa con la parola invasione perché pace e invasione sono due concetti molto diversi, su questo bisogna essere franchi. E se qualcuno ritiene di poter confondere queste due parole non si rende conto che un mondo nel quale non dovesse più esistere il diritto internazionale, un mondo nel quale chi è militarmente più forte può liberamente invadere il suo vicino non sarà mai un mondo di pace. Sarà semplicemente un mondo nel quale vige la legge del più forte, questo può convenire a chi è forte, per carità, ma decisamente non conviene a tutti gli altri”, ha ammonito.

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Meloni ha avuto anche un incontro con il Presidente della Repubblica argentina, Alberto Fernandez a margine del vertice Ue-Celac a Bruxelles. Al centro del lungo e cordiale bilaterale – si legge in una nota – i rapporti tra Roma e Buenos Aires, le nuove opportunità economiche nel settore delle materie prime e dell`energia, il ruolo fondamentale della grande comunità italiana in Argentina e le relazioni con l’Unione Europea. Meloni ha avuto inoltre un incontro con il presidente della Repubblica orientale dell’Uruguay, Luis Lacalle Pou. Al centro del bilaterale – informa Palazzo Chigi – i rapporti tra Roma e Montevideo, una delle democrazie più stabili della regione. “Le relazioni tra le due nazioni – viene sottolineato – sono eccellenti e la presenza delle aziende italiane in aumento. I due leader hanno discusso delle prospettive di collaborazione e hanno confermato la comune volontà di rafforzare il partenariato italo-uruguaiano”.

 

Macron: conclusione non unanime ma importante

Secondo il presidente francese Manuel Macron, nonostante il “no” del Nicaragua, non cambia l’importanza della discussione che si è svolta, e del “ruolo ponte” svolto da paesi come il Brasile e l’Argentina nel riconoscere “la natura della guerra” di aggressione della Russia. “Mentre vi parlo, le discussioni formali sono in via di definizione; c’è un testo che va bene a 32 Stati dalla parte dei 33 della Celac, e che va bene a tutti i paesi membri dell’Unione europea”, ha riferito Macron. “Oggi, per usare un eufemismo, c’è riluttanza da parte del Nicaragua a firmare il testo così come appare nelle nostre conclusioni”. In ogni caso, “posso dire – ha osservato Macron – che le discussioni che abbiamo avuto hanno mostrato che per l’unanimità, ad eccezione di un membro della Celac, c’è stato davvero un allineamento sul testo riguardante l’Ucraina che stiamo proponendo, e quindi le discussioni saranno finalizzate formalmente per scoprire se sarà una dichiarazione congiunta o una dichiarazione delle due presidenze”.

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“Penso – ha aggiunto – che il presidente del Brasile Lula si sia impegnato, attraverso la sua presenza a Parigi nel vertice che abbiamo avuto con lui, e poi con la sua presenza nelle discussioni qui” al vertice Ue-Celac. Lula “fa parte di coloro che permettono di costruire dei ponti. Il presidente del Brasile, “insieme al presidente argentino Fernández e ad altri presidenti, hanno concordato un testo e un linguaggio che comunque – ha sottolineato Macron – riconosce la natura di questa guerra, e che ci aiuta anche a convincere paesi che possono essere più lontani da noi. Penso che questi grandi paesi emergenti come il Brasile svolgono un ruolo importante e che la nostra responsabilità sia di mantenere il nostro dialogo con loro”. Certo, ha ammesso il presidente francese, questi paesi “non arrivano fino ad assumere posizioni simili a quelle degli alleati della Nato nel vertice di Vilnius di qualche giorno fa. Ma penso che siano sufficientemente lucidi sulla natura di questa guerra e sulle sue conseguenze alimentari o altro”.

“Aggiungo – ha rilevato ancora – che abbiamo tutti condannato molto fermamente la posizione della Russia, che ha deciso di metter fine all’accordo sui cereali nel Mar Nero: direi che ora il re è nudo, per non dire lo zar”, Vladimir Putin. “Vediamo molto chiaramente – ha proseguito Macron – che la Russia ha deciso di fare dell’alimentazione un elemento della guerra, e, in fondo, di affamare paesi che sono già in difficoltà”. “Ricordo che che noi europei abbiamo messo in sicurezza dall’inizio della crisi, delle rotte terrestri che rappresentavano già il 60% del transito”, questo è importante per far uscire i cereali” dall’Ucraina, “e continueremo i nostri sforzi”, ha concluso Macron.

 

Il presidente brasiliano Lula da Silva

Nella due giorni il presidente brasiliano, Inacio Lula da Silva, non aveva mancato di ripetere “il rifiuto dell’uso della forza”. Lula ha definito, durante la prima giornata di lavori, il conflitto in Ucraina “una conferma che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non risponde alle attuali sfide alla pace e alla sicurezza” e, davanti ai leader Ue, ha espresso la sua contrarietà al finanziamento della guerra. “Rifiutiamo con veemenza l’uso della forza per risolvere le controversie”, ha tuonato Lula, ricordando che il Brasile “sostiene le iniziative promosse da diversi Paesi e regioni a favore di una cessazione immediata delle ostilità e di una pace negoziata”. Ma non ha mancato di criticare le sanzioni, l’arma più potente in mano all’Unione europea contro la Russia. 

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