Un aereo russo di 50 anni, 49 vite spezzate: la tragedia del volo Angara

Era una normale mattina di giugno quando l’Antonov An-24 decollò da Blagoveshensk, nell’Estremo Oriente russo. A bordo, 43 passeggeri – tra cui cinque bambini – e sei membri dell’equipaggio. Nessuno immaginava che quel volo di routine si sarebbe trasformato nell’ultimo viaggio per tutti loro.
Il contatto con il velivolo si è perso pochi minuti prima dell’atterraggio a Tynda, importante snodo ferroviario dove molti passeggeri avrebbero dovuto raggiungere i cantieri della Baikal-Amur. Quando i soccorritori sono arrivati sul posto, hanno trovato solo un cratere fumante nella taiga siberiana e frammenti di quello che un tempo era un aereo passeggeri. “Era un relitto volante, ma per quelle comunità remote era l’unico collegamento con il mondo”
Parole dure, quelle di un esperto aeronautico che preferisce rimanere anonimo, ma che fotografano una realtà scomoda: l’Antonov precipitato era stato costruito nel 1972, quando Leonid Brežnev guidava ancora l’Unione Sovietica. Aveva volato prima per Aeroflot, poi per la compagnia regionale Angara Airlines, accumulando decenni di servizio in condizioni estreme.
Ma perché la Russia continua a far volare aerei così vecchi? La risposta è un mix di sanzioni occidentali, fallimenti industriali e necessità pratiche. “Nelle regioni remote della Siberia, questi turboelica sono spesso l’unico mezzo per trasportare persone e merci”, spiega Mikhail, un pilota con 30 anni di esperienza. “Le strade sono poche e spesso impraticabili, i treni lenti. L’alternativa sarebbe l’isolamento totale”.
Il problema è che mantenere in vita questi veterani dei cieli sta diventando sempre più difficile. Con le sanzioni che bloccano l’importazione di pezzi di ricambio occidentali, i tecnici devono arrangiarsi con soluzioni improvvisate. “A volte prendiamo componenti da un aereo fermo per farne volare un altro”, confessa un meccanico di Irkutsk.
L’incidente di Tynda non è purtroppo un caso isolato. Solo negli ultimi cinque anni, in Russia si sono verificati almeno sette gravi incidenti che hanno coinvolto An-24. Eppure, quando nel 2024 Angara Airlines ha chiesto al governo di prorogare l’uso di questi velivoli, la risposta è stata positiva. “Semplicemente non abbiamo alternative”, ha ammesso un funzionario del ministero dei trasporti.
Mentre a Mosca si discute di piani industriali e autarchia tecnologica, nelle case di Tynda e Blagoveshensk oggi si piangono 49 vittime. Tra loro c’erano operai diretti ai cantieri, famiglie in viaggio, giovani che sognavano un futuro migliore. Le loro storie, come spesso accade in queste tragedie, emergeranno poco alla volta, attraverso le foto sui social network e i ricordi dei parenti.
Questa tragedia ci pone domande scomode: fino a che punto si può spingere l’utilizzo di mezzi obsoleti? Qual è il prezzo accettabile da pagare per mantenere i collegamenti con le regioni remote? E soprattutto: quante altre bare dovranno uscire dai boschi siberiani prima che qualcosa cambi davvero?
Per ora, l’unica certezza è che tra i rottami dell’Antonov non abbiamo trovato solo metallo bruciato, ma anche i pezzi di un sistema che non regge più. E mentre i funzionari promettono indagini e miglioramenti, nelle case delle vittime risuona solo un silenzio che nessuna promessa potrà mai colmare.
