Bce ricarica con 500 miliardi il piano anticrisi Pepp, mercati freddi

10 dicembre 2020

La Banca centrale europea ha “ricalibrato”, come promesso, le sue misure anticrisi, in risposta alla nuova ondata di contagi in Europa. Solo che questo, invece che tradursi in un nuovo maxi bazooka monetario, che, anche sulla scia delle martellanti anticipazioni di esponenti della stessa Bce era stato “infiocchetato” da alcuni media, come una sorta di regalo di Natale, ha portato piuttosto ad una estensione del livello attuale del supporto per altri nove mesi. Il sostegno proseguirà infatti fino a marzo 2022. Non che questo sia poco. Anzi, al contrario, sono altri 500 miliardi di euro di shopping di titoli (a coprire buona parte dei deficit da pandemia) più nuove liquidità per l’economia reale. Infatti, più che sulle decisioni di oggi, il problema si è creato nel loro attrito con le attese che nelle scorse settimane erano lievitate tra gli operatori. La Bce ha innanzitutto deciso di aumentare di 500 miliardi di euro il programma di acquisti di titoli anticrisi Pepp, il cui totale sale così da 1.350 miliardi a 1.850 miliardi, prolungandone altresì la durata di nove mesi ora a “almeno fino alla fine di marzo 2022”. La Bce ha anche deciso di prolungare di un intero anno, ora a “almeno fino a fine 2023” il piano di reinvestimento e rinnovo dei titoli accumulati con lo stesso Pepp.

Ma già solo su questo, una possibile sfumatura negativa si trova nella comunicazione scritta introduttiva, letta dalla presidente Christine Lagarde all’inizio della conferenza stampa successiva al Consiglio direttivo. “Se fosse possibile mantenere condizioni finanziare favorevoli con livelli di acquisti che non esaurissero l’intera dotazione del Pepp, la dotazione non dovrà essere pienamente utilizzata”. Non è la prima volta che vengono fatte precisazioni di questo tipo sul Pepp. Ma è la prima volta che vengono messe nero su bianco nelle comunicazioni del direttorio. L’aggiunta di questa clausola “salvo ché” sulla dotazione di questo provvedimento non sembra certo averne potenziato l’effetto annuncio. D’altra parte, la Bce chiarisce altresì che se il quadro dovesse ulteriormente peggiorare la dotazione del programma potrà essere nuovamente “ricalibrata”. Interpellata poi sul motivo della proroga di nove mesi, Lagarde ha fornito una spiegazione da immunologa. Sulla base delle previsioni sulla diffusione dei vaccini anti Covid “abbiamo buoni motivi per ritenere che per fine 2021 avremo raggiunto una sufficiente immunità di gregge” affinché l’economia possa “tornare funzionare normalmente – ha detto – in particolare il settore dei servizi”.

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In ogni caso la “bussola” nella conduzione del piano di acquisti Pepp è rappresentata “dalle condizioni finanziarie”, ha ulteriormente spiegato. “Potremmo ridurre i nostri acquisti sulla base di condizioni finanziarie favorevoli, analogamente se vi fossero condizioni restrittive, che contrastassero la ripresa, potremmo aumentarli”. E quando si parla di “condizioni finanziarie favorevoli” la Bce si riferisce “ai prestiti a famiglie e imprese, ai costi di rifinanziamento delle imprese, ai rendimenti dei titoli di Stato – ha detto -: vogliamo che tutte queste condizioni restino favorevoli”. Un altro elemento di possibile delusione ha riguardato il programma di acquisti di titoli pubblici precedente alla crisi pandemica, il cui acronimo è “App”. La Bce ha confermato il ritmo attuale di 20 miliardi di euro al mese, laddove erano circolate attese di possibili incrementi, anche consistenti. L’istituzione monetaria ha però deciso anche nuovi interventi per assicurare l’afflusso di liquidità nell’economia reale. Ha varato una nuova serie di operazioni straordinarie di rifinanziamento mirate a più lungo termine (Tltro-III) e quattro ulteriori operazioni di rifinanziamento da emergenza pandemica nel 2021. Ha anche esteso di 12 mesi, fino a giugno 2022, il periodo nel quale si applicheranno condizioni considerevolmente più favorevoli a queste operazioni. Altre tre Tltro saranno condotte fra giugno e dicembre 2021.

Inoltre ha deciso di incrementare l`ammontare totale che le banche potranno ottenere in prestito nei Tltro III, dal 50% al 55% del rispettivo stock di prestiti idonei. Queste condizioni ricalibrate saranno però offerte “soltanto alle banche che raggiungono un nuovo obiettivo in termini di volume dei prestiti erogati”. Confermati, poi, come previsto i livelli dei tassi di riferimento nell’area euro: zero sulle operazioni di rifinanziamento principali, 0,25% sulle operazioni marginali e meno 0,50% sui depositi che le banche commerciali parcheggiano presso la stessa Bce. La Bce ha anche deciso di prorogare fino a giugno 2022 la durata dell`insieme di misure di allentamento dei criteri di idoneità applicabili alle garanzie, sui titoli (collaterali) che accetta per erogare rifinanziamenti. Il Consiglio direttivo riesaminerà queste misure prima di giugno 2022. Le previsioni sul Pil si fanno meno cupe, ma quelle sull’inflazione più problematiche. I tecnici della Bce hanno rivisto al ribasso la stima di caduta del Pil dell’area euro nel 2020 al meno 7,3% ma anche quella di ripresa nel 2021 al più 3,9%, sul 2022 stimano un più 4,2% e sul 2023 un più 2,1%. Tre mesi fa indicavano meno 8% sul 2020, più 5% sul 2021 e più 3,2% sul 2022.

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Lagarde ha detto che il Consiglio teme una flessione sul quarto trimestre di circa il 2,2%. Ma che le notizie sui vaccini sono incoraggianti. Sull’inflazione ora è atteso uno 0,2% sulla media di quest’anno, l’1% nel 2021, l’1,1% nel 2022 e l’1,4% nel 2023. Specialmente su 2021 e 2022 resterebbe quindi lontana dal target Bce, che punta a un caro vita poco sotto il 2% e peraltro “simmetricamente”. Quanto al mercato del lavoro, dal 7,6% del 2019 il tasso di disoccupazione salirà quest’anno all’8,5%, poi poi segnare un picco del 9,5% nel 2021 e iniziare a limarsi solo nel 2022, all’8,8%. Sempre i tecnici della Bce su quest’anno attendono un calo del 2,3% sull’occupazione, che verrà solo parzialmente recuperato nel biennio successivo con un limitato più 0,1% nel 2021 e un più 1,3% nel 2022. Le stime segnano comunque lievi miglioramenti rispetto a quelle di tre mesi fa.

Le misure varate oggi sembrano il frutto di un compromesso volto a evitare fratture e frizioni tra i governatori dell’area euro. La presidente si è palesemente tenuta alla larga dalle domande sulle discussioni in seno al Consiglio. Tanto più che appare avere già non poche difficoltà a convincere l’ala degli intransigenti, i “falchi”, a cominciare da capo della Bundesbank Jens Weidman, a mandare giù i suoi propositi di inserire parametri “green” nella politica monetaria, con la revisione strategica in corso. Le Borse europee hanno chiuso deboli e in ordine sparso (Milano -0,25%), i titoli di Stato hanno segnato miglioramenti sul finale di una seduta altalenante. Ma ancora più volatile è stata la dinamica dell’euro, che a tarda seduta si scambia a 1,2122 dollari dopo un picco a 1,2160 in prossimità dei massimi da due anni e mezzo toccati la scorsa settimana. Secondo gli analisti di Ing potrebbe salire a 1,25 dollari entro fine anno con forti rischi che arrivi fino a 1,30.

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