Commissione Camera, ok al contestato testo reato di tortura. Cosa prevede

Commissione Camera, ok al contestato testo reato di tortura. Cosa prevede
22 giugno 2017

La proposta di legge approvata oggi in quarta lettura dalla commissione Giustizia della Camera e attesa lunedì in aula per la discussione generale introduce nel codice penale il delitto di tortura 29 anni, dopo la ratifica da parte del Parlamento della Convenzione Onu del 1984 contro la tortura che prevedeva l’obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia contemplato come reato nel diritto penale interno. La commissione Giustizia della Camera ha respinto tutti gli emendamenti dunque il testo è identico a quello approvato dal Senato il 17 maggio scorso contestato da Amnesty international e Antigone e sconfessato dal suo promotore, il senatore del Pd Luigi Manconi, che lo ha considerato stravolto rispetto alle sue intenzioni. Il relatore in aula in sede di discussione generale sarà Franco Vazio (Pd) . “Al mandato al relatore hanno votato tutti a favore”, ha riferito Vazio. La proposta di legge che introduce nell’ordinamento italiano il delitto di tortura è alla quarta lettura: dopo l’approvazione del Senato in un testo unificato il 5 marzo 2014, il provvedimento è stato approvato dalla Camera con modifiche il 9 aprile 2015. Il Senato lo ha approvato con ulteriori modifiche il 17 maggio 2017. Il provvedimento è anche contestato da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano (foto), morto nel 2009 mentre si trovava in arresto per detenzione di sostanze stupefacenti. “Il testo modificato approvato dal Senato è una informe creatura giuridica. Spetta alla Camera rimediare alle mancanze più gravi del pessimo testo varato dal Senato”, scrive Ilaria Cucchi. Lunedì in aula si svolgerà la discussione generale ma l’esame del testo potrebbe slittare alla settimana successiva visto che la prossima l’assemblea sarà impegnata sul ddl concorrenza. Ecco cosa prevedono i sei articoli del provvedimento:

TORTURA REATO COMUNE. Il testo approvato prevede che il delitto di tortura sia un reato comune anziché un reato proprio del pubblico ufficiale come prevede la Convenzione Onu. La commissione del reato da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio costituisce, anziché un elemento costitutivo, un’aggravante del delitto di tortura.

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FINO A 10 ANNI DI RECLUSIONE PER CHI TORTURA. “Chiunque – recita il testo – con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”. Quindi affinché si realizzi il reato di tortura è necessaria la pluralità delle violenze o delle minacce. Non è più previsto il dolo specifico (nel testo approvato nella prima lettura dalla Camera lo scopo della tortura era quello di ottenere informazioni, infliggere una punizione o vincere una resistenza).

FINO A 12 ANNI SE CHI TORTURA E’ PUBBLICO UFFICIALE. Se la tortura è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. La norma non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.

PENA AGGRAVATA SE TERMINA DETERMINA LESIONI, ERGASTOLO SE UCCIDE.
Se la tortura causa lesioni personali comuni la pena è aumentata fino a 1/3, se le lesioni sono gravi la pena è aumentata di 1/3, se gravissime aumenta della metà. Se dalla tortura deriva la morte quale conseguenza non voluta dal torturatore la pena della reclusione di trent’anni. Ma se il torturatore cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.

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ISTIGAZIONE DEL PUBBLICO UFFICIALE A COMMETTERE TORTURA. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

INUTILIZZABILI INFORMAZIONI E DICHIARAZIONI ESTORTE CON TORTURA.
Le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili, salvo che contro le persone accusate di tale delitto al solo fine di provarne la responsabilità penale.

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