Diritti delle donne: il modello è l’Islanda o lo Yemen?

Diritti delle donne: il modello è l’Islanda o lo Yemen?
8 marzo 2019

Il dibattito sulla festa dell’8 marzo – su quanto sia attuale e su quanto percorso le donne debbano ancora fare per ottenere davvero pari opportunità rispetto agli uomini – è stato quest’anno anticipato dal volantino pubblicato dalla sezione crotonese della Lega di Salvini. Nel quale, sostanzialmente, si spiegava come il ruolo “naturale” della donna sia quello di fare figli e accudirli. Rappresentare, insomma, il “focolare” della famiglia. E, possibilmente, non litigare con l’uomo a causa di chi fomenta la lotta per certi diritti. Ecco, a costo di risultare impopolare, dirò che l’affermazione secondo la quale “il ruolo naturale della donna è fare figli e accudirli” mi trova sostanzialmente d’accordo. E lo sarò fino a quando non sarà stato inventato un sistema per far sì che anche gli uomini possano partorire o allattare un bambino.

Il punto, a mio avviso, è un altro: è giusto “arrendersi” a quel che impone la natura o si può trovare un modo per rendere questa condizione più accettabile? Voglio dire: il “ruolo naturale” degli esseri umani sarebbe, ad esempio, quello di spostarsi a piedi a una certa velocità. Perché la natura ci ha dato gambe, non ruote e neppure ali. Eppure, nel corso dei secoli, sono state inventate automobili e aerei. Così oggi gli uomini possono spostarsi da un luogo a un altro a velocità un tempo impensabili. E spesso addirittura “volando”. La natura non lo consentiva. Eppure è successo. E credo che nessuno, potendo, tornerebbe indietro.

Così dovrebbe avvenire anche per i diritti delle donne. Con che sistema? Ho letto ieri un’intervista ad Ambra Angiolini nella quale, giustamente, l’attrice si lamentava per il fatto che a una donna, durante un colloquio di lavoro, venga spesso chiesto se vorrà essere madre. “E’ una domanda imbarazzante e sessista” ha accusato. Personalmente, però ritengo che il “colpevole” di una tale domanda non sia il datore di lavoro, costretto a fare i conti per la sua azienda e a calcolare quale potrebbe essere il danno economico a causa di una lavoratrice assente svariati mesi per una gravidanza. Bensì lo Stato che non crea le condizioni affinché assumere una donna o un uomo non comporti alcuna differenza. Occorrerebbe, insomma, creare un welfare che sostenga davvero le donne (e le mamme) permettendo loro di scegliere serenamente se e quando fare un bambino senza correre il rischio di dover rinunciare alla carriera lavorativa e alla propria realizzazione. In qualsiasi forma esse la intendano.

Penso alla possibilità per un’azienda di assumere un’altra donna durante il periodo di gravidanza di una dipendente senza spese aggiuntive. Penso a un assegno familiare che copra realmente le spese che comporta un figlio. Penso a posti sufficienti e gratuiti negli asili nido per chiunque non abbia un reddito personale davvero cospicuo. Penso a un congedo di paternità più lungo. Penso, sostanzialmente, a tutto quello che da tempo si fa in svariati Paesi del nord Europa. Sono queste le politiche che un governo attento alla famiglia dovrebbe realmente mettere in campo. Anzi, mi correggo: sono queste le politiche che io metterei in campo per realizzare la società che a me piacerebbe.

Poi, è chiaro, ognuno ha i suoi modelli di riferimento. Chi ha redatto il volantino della Lega di Crotone probabilmente aveva in mente un altro tipo di schema. Basato, probabilmente, su un modello “patriarcale”. Il punto è che il governo dovrebbe farci sapere come la pensa sulla questione. Vuole volare o continuare a camminare, come imporrebbe la natura? Si ispira all’Islanda, la nazione con il minor gap tra uomini e donne secondo il Global Gender Gap Report 2018 realizzato dal World Economico Forum? Oppure allo Yemen, al Pakistan, alla Siria, ultimi nella stessa classifica? Per inciso, quel rapporto colloca l’Italia intorno al settantesimo posto. Fortunatamente in risalita di una decina di posizioni rispetto al 2017. Ma la strada da fare è ancora tanto lunga.

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