Europa e Senato, le due spine per il premier Renzi

18 luglio 2014

Al netto del complicato vertice con la delegazione del MoVimento 5 Stelle sull’Italicum, non è un periodo facile per il presidente del Consiglio Matteo Renzi. In Senato le riforme costituzionali vanno a rilento: dovrebbero essere approvate prima della pausa estive, con 2-3 settimane di ritardo rispetto alle previsioni del governo. Ma qualcuno arriva a preconizzare un rinvio a settembre a causa della conversione entro il 30 luglio dei decreti in scadenza su cultura e turismo e sulla competitività. In Europa poi le cose non vanno meglio, con i Paesi baltici e del Nord che sbattono la porta in faccia alla candidatura del ministro degli Esteri Federica Mogherini al ruolo di commissario per le Politiche estere dell’Ue. Per la Merkel “è troppo inesperta”, il resto della Troika sogna Enrico Letta o almeno Massimo D’Alema.

LA BATTAGLIA IN SENATO

In Aula prosegue per tutta la mattina il dibattito sulle riforme costituzionali. Poi l’interruzione per la capigruppo. Si riprenderà la prossima settimana con l’ammissibilità degli emendamenti – oltre 7.830 – e l’inizio delle operazioni di voto. Il capogruppo Pd Luigi Zanda è sicuro: il Senato approverà il ddl costituzionale presentato dal ministro Maria Elena Boschi entro la pausa estiva. “Lo do per certo, dobbiamo stabilire in quanto tempo e in quanti giorni”, dice. Certo la mole degli emendamenti non facilita le cose. Il dibattito terminerà lunedì mattina, poi ci saranno le repliche dei relatori di maggioranza, del relatore di opposizione e del governo. Questo stabilisce la capigruppo. Zanda spiega però che i termini “contingentamento” e “ghigliottina” “non sono stati pronunciati” nel corso della riunione.

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Il M5S propone di “rimandare a settembre”: “Prendiamoci il tempo che serve – spiega il senatore grillino Bruno Marton – e discutiamo i decreti in scadenza. Anche se il Senato lavorasse 24 ore su 24 ognuno degli oltre 7 mila emendamenti dovrebbe essere esaminato in soli tre minuti”. Ma la proposta di rinviare tutto a settembre viene respinta dall’Aula che conferma il calendario della capigruppo. Per il capogruppo Ncd Maurizio Sacconi uno slittamento a settembre “è impossibile. Noi siamo per chiudere le riforme prima della pausa estiva”. Ma Renato Schifani aggiunge che “il percorso è arduo, da qui al 10 agosto bisogna trovare una soluzione politica. Mi auguro che gli emendamenti vengano almeno dimezzati, ma anche se fossero duemila impegnerebbero moltissimo l’Aula. E sulle riforme costituzionali non è previsto il voto di fiducia. Mi affido quindi alla responsabilità dei partiti e alla capacità di mediazione della presidenza del Senato affinché trovino una soluzione politica”.

Intanto in Aula è scontro. Sacconi accusa il senatore Pd Vannino Chiti di essere “un vecchio Pci laicista” e di fare “facile demagogia”. Chiti risponde per le rime: “Rispondo solo alle persone che stimo. Sacconi non è in grado di rispondere nel merito a valutazioni diverse dalle sue, è in grado solo di ripetere instancabilmente dei luoghi comuni e qualche irrilevante offesa. Vuol far passare un neoliberismo senza regole”. Nel frattempo, l’intervento del dissidente Pd Walter Tocci (che spera che “in Senato si affermi un reale spirito costituente”) viene applaudito lungamente dall’emiciclo: agli applausi dei frondisti si aggiungono quelli di altri gruppi, tra cui del M5S.

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LA BATTAGLIA IN EUROPA

Il Pd e il Pse intanto provano a fare quadrato attorno alla Mogherini. Ogni decisione è stata rinviata e il vertice aggiornato al 30 agosto. “Il veto non è sulla Mogherini ma sull’Italia”, attacca Roberto Giachetti, che riguardo a ipotesi alternative aggiunge: “Sinceramente, non credo che ci sia un veto di Renzi su Letta. L’Europa ci ha abituato a tempi elefantiaci. La Mogherini porta avanti la politica del paese italiano” mentre quella di essere filorussa è una “accusa ridicola”. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è convinto che alla fine Federica Mogherini sarà nominata Alto rappresentante per la politica estera europea. “Noi vogliamo soltanto avere il diritto, che hanno tutti i Paesi, di essere rispettati, fare le nostre proposte, essere in grado di poterle sostenere e valutarle insieme agli altri”, spiega. “Non ci sarà alcun cambiamento del nome, in vista del nuovo vertice di fine agosto sulle nomine: non sarebbe infatti un cambiamento solo dell’Italia, ma dell’intero Pse. Il nome di Federica Mogherini è stato proposto dal Partito Socialista Europeo, sulla base del fatto che il Pd è il primo partito del Pse. In base a questa logica è stata portata avanti la trattativa”, assicura il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi. Il nulla di fatto per Gozi “non è una sconfitta per l’Italia, ma un passo avanti. Il nome di Enrico Letta non è mai stato fatto”.

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