#Famostocongresso, e Pd esplode: minoranza, c’e’spettro scissione. Ipotesi dimissioni Renzi

#Famostocongresso, e Pd esplode: minoranza, c’e’spettro scissione. Ipotesi dimissioni Renzi
9 febbraio 2017

Congresso subito, congresso domani o, parafrasando l’hashtag utilizzata per lo Stadio della Roma, #Famostocongresso. A muoversi e’ la maggioranza di stretto rito renziano che, sui social e in Transatlantico, fornisce questa lettura dello stato dell’arte su legge elettorale e urne: se non si vota a giugno, allora e’ inutile aspettare per fare il congresso, si faccia nel tempo piu’ breve possibile. E’ la versione di David Ermini, renziano della primissima ora e componente della segreteria. “Famolo (in dialetto romano, con l’accento sulla prima sillaba, ndr.), che aspettiamo? Se non si vota presto, il congresso si puo’ fare domani, subito”. Gia’, ma chi gestisce la fase congressuale? Per fare il congresso, devono esserci prima le dimissioni del segretario. Dalla maggioranza Pd non vedono il problema: “Renzi si deve dimettere? E sia. Vorra’ dire che la fase congressuale la gestiranno i vice segretari, Deborah Serracchiani e Lorenzo Guerini”.

IL PASSO INDIETRO E anche dallo stato maggiore del Nazareno c’e’ chi definisce “non fantapolitica” l’ipotesi di un passo indietro del segretario. Che dietro la mobilitazione, tanto generale quanto improvvisa, ci possa essere la reale volonta’ del segretario di accelerare verso il congresso e’ una ipotesi a cui in pochi, dentro e fuori il Pd, sembrano credere: “Renzi potrebbe cercare di intimorire gli avversari interni che, oggi, non sono preparati ad affrontare il congresso”, spiega un senatore che usa la definizione di avversari interni in un’accezione molto ampia: “Se ci fosse realmente la volonta’ di Franceschini e Orlando di mettere all’angolo il segretario, in questo modo sarebbero costretti a desistere o a uscire allo scoperto”. Dalla minoranza interna fanno notare la singolarita’ di un congresso convocato “prima di sapere con quale legge elettorale si andra’ a votare. E’ un rischio per il Partito e per il Paese”, spiega il senatore Miguel Gotor. “Se ci sara’ una legge che prevede il premio alla coalizione, le primarie dovranno essere di coalizione, solo per fare un esempio”. In secondo luogo, “la mobilitazione della maggioranza del partito per andare al congresso in tempi rapidissimi non tiene conto della realta’ di un appuntamento politico che richiede quattro o cinque mesi”.

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ARIA SCISSIONE Tutti ragionamenti che sono stati al centro di una riunione della minoranza. Una riunione a cui hanno preso un centinaio di persone, tra le quali molti esponenti provenienti dai territori. E’ da questi che e’ arrivata la posizione piu’ radicale: o si fa un congresso vero, con una discussione che rinunci all’oblio delle sconfitte alle amministrative e al referedum, in un partito che non sia piu’ il partito del leader, oppure fuori tutti e si ricomincia dal centrosinistra. Insomma, al congresso “o si cambia paradigma o sara’ scissione”, sintetizza un esponente di primo piano del partito. Non fa cenno a scissioni Roberto Speranza, ma riprende molto delle richieste che arrivano dai territori quando spiega: “Congresso o primarie che sia, l’importante e’ non trasformare tutto in una farsa. O in un plebiscito sulla persona del capo”, ha detto aprendo i lavori nella Sala Salvadori della Camera. “Serve una discussione politica vera”, ha aggiunto Speranza, “dal basso. Il punto non e’ cambiare figurine, ma cambiare la linea politica”.

LEGGE ELETTORALE Il riferimento e’ ai capilista bloccati, che la minoranza chiede di togliere dalla legge elettorale. Il senatore Fornaro, durante il suo intervento, ha presentato un prospetto in cui si vede come, in caso di elezioni oggi e con la legge eelttorale uscita dalla Consulta, gli unici partiti a fare eleggere parlamentari che non figurino tra i capilista bloccati sarebbero Pd e M5S, piu’ la Lega in alcuni territori del Nord. “La cosa che conta’ di piu'”, ha pero’ sottolineato l’esponente di riferimento della minoranza dem, “e’ la linea politica, rilanciare temi come scuola, lavoro, sostegno alle fasce piu’ povere della popolazione”. Insomma, “quello che serve e’ una riflessione che parta dal Paese e da quello che abbiamo da proporre”, sintetizza Gotor. Per questo chiediamo di mettere mano, subito, ai temi sociali, alla scuola, ai temi del lavoro, alla legge di sostegno ai piu’ poveri. Se non facciamo questo sara’ difficile andare a fare una campagna elettorale incentrata su questi temi. Gli italiani chiederebbero, giustamente, perche’ non lo abbiamo fatto quando ne abbiamo avuto la possibilita’”, aggiunge.

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