Leadership centrodestra e “campo largo”, doppio test politico a Comunali

Leadership centrodestra e “campo largo”, doppio test politico a Comunali
11 giugno 2022

Sono elezioni comunali, difficilmente avranno conseguenze sulla tenuta del governo, ma è indiscutibile il significato politico del voto di domenica 12 giugno. Enrico Letta lo dice anche esplicitamente: la sfida nelle città (tra le quali 26 comuni capoluogo) sarà “un test per il campo largo” che il Pd intende schierare alle prossime politiche. E’ inevitabile che sia così e vale anche per il centrodestra, che avrà l’occasione di verificare se il primato di Fdi nei sondaggi trova riscontro anche nelle urne. Una prova generale, prima dell’avvio di quella che sarà di fatto una campagna elettorale lunga quasi un anno. Certo, contare i voti alle amministrative è sempre un’operazione faticosa, ci sono le liste civiche ad alterare i reali valori di ciascun partito e alcune forze politiche – come per esempio M5s – soffrono in maniera particolare la carenza di una struttura ramificata sul territorio. Ma il “test” è comunque importante per entrambi gli schieramenti e persino per la galassia centrista che, allo stato rimane polverizzata in tanti “pianeti” diversi e che dovrà decidere se rischiare una corsa solitaria alle politiche o aggregarsi ad uno dei due poli.

Il centrodestra deve ancora rimettere insieme i pezzi, dopo la rottura in occasione della rielezione di Sergio Mattarella e le divisioni vanno ben oltre quelle che racconta la mappa delle alleanze. Fdi, Fi e Lega sono uniti in 21 capoluoghi su 26, mentre corre divisa a Parma (dove Fdi non sostiene il candidato Pietro Vignali sostenuto da Lega e Fi), Messina (in questo caso è la Lega a sfilarsi dall’alleanza Fdi-Fi), Catanzaro (dove l’ex Pd Valerio Donato è sostenuto da Fi e Lega ma non da Fdi), Verona (qui è Fi a sfilarsi sostenendo Flavio Tosi) e Viterbo (Fdi corre per conto proprio). Ma il vero nodo è la concorrenza sempre più serrata tra Fdi e Lega, appunto. Il partito di Giorgia Meloni in tutti i sondaggi ha staccato nettamente quello di Matteo Salvini e uno sfondamento di Fdi nei comuni del nord certificherebbe i nuovi rapporti di forza nel centrodestra. Anche per questo Salvini da tempo ha avviato un lavoro con Fi, o almeno con una parte di Fi, per provare ad unire le forze alle prossime politiche. Pur sapendo che in politica difficilmente due più due fa quattro e più spesso dà tre, il leader leghista potrebbe scegliere di accelerare verso la federazione – se non la vera e propria fusione, come teme l’ala moderata di Fi – proprio per riequilibrare i rapporti di forza. La Meloni, d’altro canto, punta ormai chiaramente alla candidatura a premier e conta di trovare ulteriore spinta al suo progetto proprio dal voto nei comuni.

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Sull’altro fronte, il Pd deve fare i conti con un “campo largo” che al momento rimane un po’ risicato: Iv, +Europa e Azione per ora sembrano tentati da ipotesi tipo terzo polo e M5s è un alleato tormentato e in parte imprevedibile. Il Movimento rischia una spaccatura, in casa democratica ne sono consapevoli e anche per questo attendono il pronunciamento del giudice sullo statuto 5 stelle. Ma, questioni giuridiche a parte, è evidente la fatica di Giuseppe Conte a tenere insieme una forza sempre più divisa tra un’ala ormai “governista” che guarda soprattutto a Luigi Di Maio e le correnti ‘nostalgiche’ della linea ‘duri e puri’, sempre più tentate dalla linea di un Alessandro Di Battista che ormai partecipa quotidianamente al dibattito politico, soprattutto per criticare il governo Draghi di cui M5s fa parte. Il Pd per ora si accontenta di sottolineare che “nell’80% dei comuni capoluogo” l’alleanza con M5s è stata realizzata: in 18 comuni il patto è esplicito, poi ci sono quattro città in cui i 5 stelle hanno rinunciato a presentare il simbolo ma sosterranno di fatto il candidato del centrosinistra, mentre in altre 4 città il Movimento correrà per conto proprio.

Quindi, i centristi: Azione di Calenda a L’Aquila, Parma e Palermo si presenta con uno schieramento in posizione di terzo polo, mentre a Verona è insieme al centrosinistra a sostegno di Damiano Tommasi. Iv a Genova è con il centrodestra a sostegno di Bucci, ma a Verona appoggia Flavio Tosi insieme a Fi, ma senza Lega e Fdi, mentre a L’Aquila è insieme al centrosinistra per Stefania Pezzopane. La speranza di Letta è di riuscire a dimostrare che il centrosinistra e M5s vincono uniti. Il leader Pd avrebbe più forza per siglare quell’alleanza che Conte classifica ancora solo come “rapporto privilegiato”. Ma un buon risultato del patto con il Movimento servirebbe al segretario anche in chiave interna (sono sempre tanti quelli che non amano M5s nel Pd) e, soprattutto, nel rapporto con i centristi: Letta conta sulla forza dei numeri per convincere tutti che non c’è spazio per un terzo polo, a meno che non si cambi la legge elettorale. askanews

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