L’ira di Trump contro il New York Times e media, non siete patriottici. Il

L’ira di Trump contro il New York Times e media, non siete patriottici. Il
Sede del New York Times
30 luglio 2018

Un incontro che doveva restare ‘off the record’ e privato, e che invece si trasforma in un litigio pubblico. Che i rapporti fra Donald Trump e il New York Times non fossero dei migliori era noto, ma un’ulteriore conferma arriva dallo scontro a distanza fra il presidente e l’editore del quotidiano A.G. Sulzerberg in merito al resoconto sul loro faccia a faccia alla Casa Bianca.

Un botta e risposta che si chiude con l’ira di Trump contro media americani: “Non siete patriottici”, la liberta’ di stampa – dice rivolgendosi soprattutto al Nyt e al Washington Post – richiede anche la responsabilita’ di riportare le notizie in modo accurato. Un attacco che segue le iniziali parole ‘distensive’ del presidente che aveva parlato di un incontro “interessante” sulle Fake News “nemiche della gente”. La risposta secca dell’ editore del New York Times pero’ ha suscitato la rabbia di Trump.

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“L’ho messo in guardia” sulla pericolosita’ della sua retorica anti-media che rischia di tradursi in violenza, ha riferito Sulzerberg. In un dettagliato comunicato, il quotidiano spiega che l’incontro e’ avvenuto lo scorso 20 luglio e che, su richiesta della Casa Bianca, si doveva trattare di un faccia a faccia di routine off the record. Ma visto che Trump e’ contravvenuto all’impegno del silenzio, il New York Times offre la sua versione dei fatti. “Ho accettato l’invito per sollevare con il presidente le mie preoccupazioni sulla sua retorica anti-media” e sul suo definire i giornalisti “nemici della gente”.

“Gli ho detto direttamente che il suo linguaggio e’ pericoloso”, dice Sulzerbeger, il cui quotidiano e’ ripetutamente criticato da Trump, che lo bolla ‘failing New York Times’. Lo scontro pubblico arriva a 100 giorni dalle elezioni di medio termine di novembre, che rappresentano un vero e proprio test sull’operato di Trump. Democratici e repubblicani sono impegnati in una campagna senza esclusione di colpi con il presidente al centro. I democratici sembrano orientati, secondo i sondaggi, a riconquistare almeno parte del Congresso. Ma la cautela e’ d’obbligo dopo lo schiaffo del 2016, che ha fatto sferzare piu’ a sinistra il partito.

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Per i repubblicani la partita e’ piu’ complicata: nonostante il boom dell’economia, molti candidati di destra vedono Trump come una minaccia e cercano di sganciarsi da un presidente che fa storcere il naso anche a una fetta del partito. Trump pero’ va avanti sulla sua strada: “I numeri dei sondaggi sono i piu’ alti nella storia del partito repubblicano. Meglio di quelli di Abe Lincoln e Ronald Reagan”, twitta il presidente, assumendosi indirettamente i meriti del successo.

Poi torna a cavalcare uno dei temi piu’ cari alla sua base elettorale: il muro al confine con il Messico. “Sarei disposto allo shutdown per i voti sulle sicurezza al confine, incluso il muro”, dice lanciando l’ennesima provocazione. Ma la sua nuova minaccia su una chiusura del governo – secondo gli osservatori – non si tradurra’ in realta’: una paralisi pubblica e’ infatti troppo rischiosa con il voto alle porte e anche un presidente fuori dagli schermi con Trump lo sa.

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