Marina Berlusconi: mio padre perseguitato anche dopo la morte

Marina Berlusconi: mio padre perseguitato anche dopo la morte
Marina Berlusconi
17 luglio 2023

“Siamo incastrati in un gioco assurdo, che ci costringe a un eterno ritorno alla casella di partenza. E’ una sensazione sconfortante, perché sembra che ogni ipotesi di ogni di riforma (della giustizia, ndr) diventi motivo di scontro frontale, a prescindere dai suoi contenuti”. Lo scrive, in una lettera a Il Giornale, Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e del Gruppo Mondadori, nonché ovviamente figlia di Silvio Berlusconi in merito al dibattito sulla riforma della giustizia e porta la sua “testimonianza” e una “denuncia, innanzitutto come figlia”.

 

L’inchiesta della Procura di Firenze

 

“La persecuzione di cui mio padre è stato vittima, e che non ha il pudore di fermarsi nemmeno davanti alla sua scomparsa – scrive -, credo contenga in sé molte delle patologie e delle aberrazioni da cui la nostra giustizia è afflitta”. Il riferimento della presidente di Fininvest e Mondadori è all’inchiesta della Procura di Firenze sulla stragi del 1993-94 che “ha aspettato giusto un mese dalla sua scomparsa, la Procura di Firenze, per riprendere imperterrita la caccia a Berlusconi, con l’accusa più delirante, quella di mafiosità. Mentre nel Paese il conflitto tra magistratura e politica è più vivo e violento che mai”. Secondo Marina Berlusconi, “siamo incastrati in un gioco assurdo, che ci costringe a un eterno ritorno alla casella di partenza. È una sensazione sconfortante, perché sembra che ogni ipotesi di riforma diventi motivo di scontro frontale, a prescindere dai suoi contenuti. Sia ben chiaro, spetta solo a politica e istituzioni, nel rispetto del dettato costituzionale, affrontare problemi gravi come questo. Sento però la necessità di portare una testimonianza, e una denuncia, innanzitutto come figlia”.

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A cosa serve l’avviso di garanzia?

 

“È una storia – prosegue rivolgendosi al direttore del Giornale Augusto Minzolini – che vede una sia pur piccola parte della magistratura trasformarsi in casta intoccabile e soggetto politico, teso solo a infangare gli avversari, veri o presunti”. E allora “l’avviso di garanzia serve così solo a garantire che l’indagato venga subito messo alla gogna: seguiranno le canoniche intercettazioni, anche le più lontane dal tema dell’inchiesta. Ma tutto serve a costruire la condanna mediatica, quella che sta loro davvero a cuore, prima ancora che il teorema dell’accusa venga vagliato da un giudice terzo. Un meccanismo diabolico, questa tenaglia pm-giornalisti complici che rovina la vita ai diretti interessati ma anche condiziona, e nel caso di mio padre si è visto quanto, la vita democratica del Paese, avvelena il clima, calpesta i più sacri principi costituzionali”.

 

La damnatio memoriae

 

E’ un “fine pena mai”. Nemmeno con la morte. “Ci sono ancora pm e giornalisti che insistono nella tesi, assurda, illogica, molto più che infamante, secondo cui mio padre sarebbe il mandante delle stragi mafiose del 1993-94. È qualcosa di talmente enorme che fatico perfino a scriverlo” aggiunge, ricordando quanto fatto dal padre contro la criminalità. “Contro Cosa Nostra nessun altro esecutivo ha mai fatto tanto. Ma tutto questo non basta. La lettera scarlatta giudiziaria che marchia l’avversario resta indelebile, gli sopravvive. E il nuovo obiettivo è chiaro: la damnatio memoriae. No, purtroppo – constata – la guerra dei trent’anni non è finita con Silvio Berlusconi. E non riguarda di certo soltanto lui. Perché un Paese in cui la giustizia non funziona è un Paese che non può funzionare. Non m’illudo che, dopo tanti guasti, una riforma basti a restituirci alla piena civiltà giuridica. Ma penso, e spero, che chi ha davvero il senso dello Stato debba fare qualche passo importante. Non dobbiamo, non possiamo rassegnarci”.

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La lettera di Marina Berlusconi al Giornale continua a far discutere. Ora prende posizione anche la deputata forzista Rita Dalla Chiesa che attacca una parte della magistratura rea di infangare il nome del Cavaliere e di proseguire una guerra iniziata trent’anni fa. “La lettera di Marina Berlusconi è la lettera di una figlia, e di una cittadina, che denuncia una giustizia ingiusta. Così l’ho sempre definita io, anche in tempi non sospetti. È una vigliaccata che stanno facendo a Berlusconi da 30 anni. Ma, attenzione, qui si parla di una parte dei giudici, non possiamo dire la giustizia in toto, perché io conosco tanti giudici che si comportano in maniera esemplare. C’è un gruppo di giudici che, per motivi politici, ha deciso di massacrare Berlusconi e Forza Italia”. Lo afferma Rita Dalla Chiesa, parlando con l’AGI, a proposito della lettera scritta dalla figlia primogenita di Silvio Berlusconi in merito a quanto sosterrebbe la Procura di Firenze nell’indagine sulle stragi di mafia del 1992-93.

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