Onu, si vota per seggio non permanente. Italia spera di riprendersi il posto

Onu, si vota per seggio non permanente. Italia spera di riprendersi il posto
28 giugno 2016

gentiloniL’Assemblea generale delle Nazioni Unite vota oggi per rinnovare cinque seggi non permanenti del Consiglio di sicurezza per il biennio 2017-2018. A otto anni dalla fine del suo sesto e ultimo mandato, l’Italia spera di riprendersi il posto. Ci conta, eccome. Ed ha lavorato a lungo per questo, mobilitando tutte le sue forze ai più alti livelli. Numerose sono state le attività, le missioni, gli accordi di cooperazione e gli impegni umanitari che hanno visto in prima linea il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Matteo Renzi, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Ma anche il viceministro Mario Giro e il corpo diplomatico italiano in diverse aree del pianeta. Il titolare della Farnesina è già a New York per l’occasione. Per vincere la sua sfida, l`Italia dovrà avere la meglio sulle ambizioni di altri due Paesi candidati a rappresentare l’Europa Occidentale: Olanda e Svezia. E non sarà un compito facile. Gli olandesi, che contano molto sul loro passato coloniale, puntano in particolar modo sui voti dei Paesi del Sudest asiatico e dei caraibi. La Svezia, da parte sua, avrebbe l’appoggio del mondo arabo, un sostegno che Stoccolma è riuscita ad assicurarsi con il pronto riconoscimento della Palestina. Entrambi sperano nel loro tradizionale impegno nel settore dei diritti umani e in una consolidata politica di aiuti allo sviluppo.

Obiettivo del nostro Paese è invece quello di ottenere il massimo sostegno da America latina, Africa e Stati insulari del Pacifico, e confermare l’appoggio dello zoccolo duro dell’Europa mediterranea, dove dalla nostra parte ci sarebbe certamente la Spagna. Viste le tre candidature, però, l’Europa potrebbe comunque presentarsi divisa: non è escluso un voto favorevole per l’Italia di Francia e Germania (e ieri, nell’immediata vigilia, c’è stato a Berlino un vertice fra la cancelliera Angela Merkel, il presidente Francois Hollande e il primo ministro Matteo Renzi, ufficialmente consacrato alla Brexit). Sull’altra sponda del Mediterraneo, invece, la candidatura italiana avrebbe il sostegno dell’Algeria e della Tunisia, mentre in Asia si conta sul voto di Corea del Sud e Pakistan. Per attrarre consenso, l’Italia ha spesso ricordato il suo approccio multilaterale alle questioni internazionali, il suo lungo impegno nelle missioni di pace dell’Onu (in Kosovo, come in Libano), i contributi elargiti per operazioni di peacekeeping e di stabilizzazione in diverse aree del mondo.

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Renzi, inoltre, si è recato in missione in Africa occidentale, il viceministro Giro è andato in Guinea Equatoriale, Guinea Conakry, Sudafrica, Tanzania e Namibia, il presidente Mattarella in Etiopia e Camerun. Proprio con l’Etiopia, ad esempio, potrebbe esserci uno scambio di favori: Addis Abeba è canditata per il seggio africano e l’Italia si è impegnata a garantire il proprio voto. E’ evidente che ci si aspetti che la controparte faccia altrettanto. Il 18 maggio scorso, inoltre, Roma ha ospitato la prima conferenza ministeriale Italia-Africa, rimarcando agli oltre 50 rappresentanti dei Paesi africani intervenuti il proprio impegno in sede europea perché l’Africa diventi una “priorità” anche per Bruxelles. In quella occasione, la presidente dell’Unione Africana, Nkosozana Damlini Zuma, ha spiegato che se l’Italia “fa sufficiente azione di lobby” ha “buone possibilità di vincere il seggio a rotazione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. “Certo la scelta riguarda la sovranità di ogni singolo stato africano. Ma è vero che l’Italia è uno dei maggiori finanziatori dell’Onu, è molto impegnata nelle operazioni dei Caschi blu ed è emissaria di truppe, specialmente nel Corno d’Africa.

Per questo il dialogo è molto importante, qualora fosse eletta nel Consiglio di Sicurezza l’Italia sarebbe in grado di comprendere la posizione dell’Africa ed esserne portavoce. Di certo, l’Italia è sempre stata molto attiva in sede Onu. Numerose sono state le missioni compiute a New York dal ministro Gentiloni. Inoltre, il nostro Paese guida il movimento “Uniting for Consensus”, il gruppo che punta a promuovere una riforma del Consiglio Onu fondata sull’aumento dei seggi non permanenti. L’eventuale scelta dell’Italia al voto di domani potrebbe dare nuovo slancio a questa ambizione. Quanto alle altre candidature – detto dell’Etiopia, candidata al seggio africano -, la Thailandia e il Kazakistan si giocano il seggio asiatico, la Bolivia quello del Gruppo dell’America latina. Gli eletti andranno a sostituire Angola, Malesia, Nuova Zelanda, Spagna e Venezuela ed entreranno in carica il primo gennaio 2017 fino il 31 dicembre 2018.

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