Palermo ricorda Libero Grassi, il coraggio che sfidò la mafia

Libero Grassi

Trentaquattro anni dopo, quel proiettile sparato all’alba del 29 agosto 1991 non ha smesso di risuonare. Libero Grassi, imprenditore tessile di 67 anni, venne ucciso perché osò dire “no”. Un diniego secco, pubblico, rivoluzionario, al pizzo della mafia.

La cerimonia odierna non è stata solo un tributo doveroso, ma un’acerba riflessione su cosa significhi, oggi, onorare quella resistenza. Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, parla chiaro: “Non bastano le celebrazioni, serve un impegno concreto”. Le sue parole vanno dritte al cuore del problema: la memoria, per non essere sterile, deve tradursi in azione.

Il coraggio solitario di un uomo libero

Quella di Libero Grassi non fu una semplice ribellione imprenditoriale. Fu un atto di disobbedienza civile assoluto, in un’epoca in cui la mafia sembrava un destino ineluttabile. Denunciò pubblicamente i suoi estorsori su un giornale locale, sfidando il muro di omertà e paura che avvolgeva Palermo.

“Il suo ‘no’ al pizzo non era solo una ribellione, ma un atto d’amore per la sua terra e per la libertà di tutti. Lo hanno ucciso perché aveva il coraggio di restare libero” ha detto Raoul Russo, senatore e componente della commissione Antimafia.

Quella scelta coraggiosa lo isolò persino tra i colleghi imprenditori, che temevano ritorsioni. Il suo assassinio, pochi mesi dopo, fu il tragico epilogo di una solitudine eroica. Oggi, quella stessa voce è diventata un coro.

Dalla memoria all’impegno: la sfida che non si è spenta

Il ricordo di Libero Grassi è più vivo che mai nel dibattito politico e civile. La sua eredità, secondo il senatore Russo, “illumina il cammino di chi combatte contro ogni sopruso”. Ma la domanda che aleggia sulle commemorazioni è sempre la stessa: come trasformare la retorica della memoria in pratica quotidiana?

La risposta sembra risiedere in un doppio binario: da un lato, la repressione ferma e senza compromessi; dall’altro, e forse ancor di più, la costruzione di un welfare comunitario forte. È la “normalità” di cui parlava Grassi: gesti quotidiani di legalità, il rifiuto di qualsiasi compromesso.

“L’esempio straordinario di Libero Grassi ha aperto una breccia che ha squarciato un muro di paure ed ha fatto luce sull’oppressione del racket delle estorsioni mafiose” ha affermato Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea regionale siciliana.

Il suo sacrificio non fu invano. Ma la sua lezione più grande è che la mafia non si sconfigge solo con le leggi o le forze dell’ordine. Si sconfigge con il coraggio di scegliere la libertà, ogni giorno. E con una comunità che, finalmente, non lascia più nessuno solo in quella scelta.