Il Papa con Erdogan, divergenze sui jihadisti e prove di dialogo

Il Papa con Erdogan, divergenze sui jihadisti e prove di dialogo
28 novembre 2014

casa bianca turca

“La Turchia, per la sua storia, in ragione della sua posizione geografica e a motivo dell’importanza che riveste nella regione, ha una grande responsabilità. Le sue scelte e il suo esempio possiedono una speciale valenza e possono essere di notevole aiuto nel favorire un incontro di civiltà e nell’individuare vie praticabili di pace e di autentico progresso”. Papa Francesco trascorre ad Ankara il primo di tre giorni nel paese anatolico. Il viaggio è nato dal saldo rapporto con il patriarca ecumenico Bartolomeo, “primus inter pares” dell’Ortodossia. Sono entrambi riformatori, entrambi cercano di portare le loro Chiese oltre la mondanità, e passeranno la giornata di domani e quella di domenica insieme a Istanbul. Ma un viaggio in Turchia non può non iniziare da Ankara. E il Papa argentino ha cercato di trarre il massimo da una giornata densa di appuntamenti ufficiali, un po inamidata nell’etichetta, piuttosto lontana dalla sua sensibilità.

A partire dalla visita a Recep Tayyip Erdogan ad Ak Saray, lo sfarzoso palazzo con più di mille stanze finito nel mirino dell’opposizione al leader musulmano. Con l’esuberante leader turco le distanze non sono protocollari, a partire dalle diverse sfumature con cui parlano dell’invitato di pietra del viaggio, quello Stato islamico che sta martoriando due paesi confinanti con la Turchia, la Siria e l’Iraq. Fin sul volo da Roma ad Ankara il Papa ha espresso gratitudine per l’accoglienza del paese ai profughi in fuga. Ma la diagnosi geopolitica che Bergoglio fa nel corso della giornata, prima nel discorso al palazzo presidenziale e poi nel secondo discorso della giornata alla “Diyanet”, il dipartimento per gli Affari Religiosi di Ankara, la più alta autorità religiosa islamica sunnita in Turchia, è piuttosto diverso da quello di Erdogan. In Siria e in Iraq “la violenza terroristica non accenna a placarsi”, ha detto il Pontefice argentino.

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“Si registra la violazione delle più elementari leggi umanitarie nei confronti dei prigionieri e di interi gruppi etnici; si sono verificate e ancora avvengono gravi persecuzioni ai danni di gruppi minoritari, specialmente – ma non solo -, i cristiani e gli yazidi: centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e la loro patria per poter salvare la propria vita e rimanere fedeli al proprio credo”. Poi più drammatico: “Particolare preoccupazione desta il fatto che, soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità etnica e religiosa. Sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro. In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace.

Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche”. In generale, “nel ribadire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto – ha detto il Papa – sempre però nel rispetto del diritto internazionale, voglio anche ricordare che non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare”, afferma il Papa. Erdogan, da parte sua, denuncia l’islamofobia dell’Occidente, e l’ipocrisia dello stesso Occidente nel trattare come due pesi e due misure gli jihadisti e il presidente siriano Bashar al Assad, gli attentati in altri paesi e quelli del partito comunista curdo in Turchia. “Nei paesi occidentali sta crescendo l’intolleranza e le persone sono giudicte in base alle religioni alla quale appartengono, a volte mettono etichette come se fossero collegate con il terrorismo”, ha detto Erdogan. “Sta crescendo l’islamofobia”, ha detto, sottolineando che “organizzazioni terroristiche come Isis, Boko Haram e al Qaeda sfruttano persone” che si sentono abbandonate. Il presidente turco ha detto che la comunità internazionale adotta uno standard doppio su certi “massacri” nel mondo, parlando, in particolare, del “terrorismo del Pkk” e del regime siriano: “ogni giorno si parla di Isis”, ma “c’è un terrorismo di Stato” che ha ucciso “300mila siriani”.

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In Occidente dove crescono “le discriminazioni” e nel mondo musulmano dove crescono “l’odio le violenze”, è necessario “collaborare insieme tra le civiltà e le religioni”. Distanze che si affiancano ad altre “differenze”, “pregiudizi”, “falsi timori”, “incomprensioni” che possono esserci con la Turchia, afferma il Papa, ma che possono anche essere superate in nome di “collaborazione”, “intesa”, “pace”. Per il Papa, in Medio Oriente “occorre contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale”. E in Turchia “è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione – godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri” e “la libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace”.

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