Riparte dialogo, Russia alla Siria: stop raid aerei. Sul negoziato pesa incognita Usa

Riparte dialogo, Russia alla Siria: stop raid aerei. Sul negoziato pesa incognita Usa
22 febbraio 2017

La Russia ha chiesto al governo di Bashar al Assad di fermare i bombardamenti aerei in Siria durante i negoziati a Ginevra per una soluzione politica del conflitto. Una breve tregua al bagno di sangue nel Paese, che rischia di essere l’unico piccolo successo del quarto round di colloqui tra le parti siriane, che avrà inizio domani senza grandi aspettative. Lo stesso inviato Onu Staffan De Mistura ha spiegato oggi di non attendersi “una svolta immediata”, ma solo uno “slancio positivo” per nuovi incontri in un futuro non troppo lontano. “Oggi la Russia ha annunciato a tutto il mondo di avere formalmente chiesto al governo siriano di lasciare il cielo silente durante le discussioni” a Ginevra sul conflitto in Siria, ha detto De Mistura al termine della riunione settimanale del Gruppo di lavoro sul cessate il fuoco, presentando i lavori di domani. Un passo positivo, quello di Mosca – che con Teheran è la principale alleata del regime di Damasco -, ma non tale da scalfire l’estrema cautela di De Mistura. “Mi attendo una svolta immediata? No, non mi attendo una svolta immediata, solo l’inizio di una serie” di negoziati, ha avvertito l’inviato dell’Onu.

LE DELEGAZIONI La delegazione del governo di Damasco e quella dell’Alto Comitato per i negoziati, che raggruppa i movimenti chiave dell’opposizione, intanto sono già arrivate a Ginevra. A guidare la prima è l’ambasciatore siriano presso le Nazioni Unite, Bashar al Jaafari. A capo del team di opposizione invece ci sono due dei principali rappresentanti dell’Alto Comitato Negoziale, Nasr al-Hariri e Mohamamd Sabra, quest’ultimo considerato molto vicino alla Turchia. Il mediatore delle Nazioni unite ha comunque indicato che altre delegazioni sono ancora attese in Svizzera, senza fornire ulteriori precisazioni. E interpellato sul format di questo quarto round di colloqui, dopo quelli tenuti lo scorso anno, De Mistura si è rifiutato di dire se le delegazioni hanno accettato la proposta di negoziati diretti. “Prima di tutto voglio parlare con le delegazioni domani mattina in incontri bilaterali”, ha spiegato. Dall’ultima sessione, nell’aprile del 2016, la situazione sul terreno è molto cambiata. Le forze del regime hanno riconquistato Aleppo e le milizie ribelli non controllano che il 13% del territorio. La Turchia, che sostiene l’opposizione, è di fatto diventata parte belligerante, dopo l’intervento delle sue truppe di terra nelle aree occidentali del Paese. Ankara, inoltre, si è avvvicinata a Mosca, che però è la principale alleata del regime, e sponsorizza con Russia e Iran un cessate il fuoco molto fragile, negoziato ad Astana, in Kazakistan.

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INCOGNITA USA Secondo quanto concordato preliminarmente, dei gruppi di lavoro dovrebbero essere messi a punto a Ginevra sui tre principali temi previsti dalla risoluzione Onu 2254 sulla Siria: la governance, la futura Costituzione e le elezioni. Questioni che prevedono “una transizione politica” su cui regime e opposizione hanno però opinioni profondamente diverse, e sulla quale si innesta un’altra questione spinosa: il futuro di Bashar al Assad. L’opposizione lo vuole fuori dai giochi, per sempre. Damasco è contraria: il presidente ritiene di godere del “sostegno popolare” per recuperare il controllo di “ciascun centimetro del territorio siriano” e resta convinto del fatto che solo le urne potranno decidere la sua futura sorte. Sul buon esito del negoziato, infine, pesa come un macigno la grande incognita degli Stati uniti. Donald Trump, che ha chiesto al Pentagono entro al fine di febbraio nuovi piani per la lotta contro i jihadisti dell’Isis, non ha finora mostrato una reale intenzione di coinvolgere gli Usa negli sforzi diplomatici per risolvere un conflitto che ha fatto oltre 310.000 morti e milioni di rifugiati e sfollati. Una latitanza che lo stesso De Mistura ha fatto fatica a nascondere, solo pochi giorni fa, alla Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza: “Dove sono gli Stati Uniti (sulla soluzione politica)? Non posso dirvelo, perché non lo so”.

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