Siria e Iraq, ecco perché Assad fa il tifo per gli americani a Mosul

Siria e Iraq, ecco perché Assad fa il tifo per gli americani a Mosul
18 ottobre 2016

“La Siria accoglie con soddisfazione l’annuncio del governo iracheno fratello di lanciare le operazioni per la liberazione di Mosul ed annuncia che sta con forza a fianco del governo e l’esercito iracheni ed i gruppi combattenti che li sostengono compreso le forze della ‘Mobilitazione Popolare”, ovvero la principale alleanza di milizie sciite filo-iraniane nel Paese. Con questo annuncio diffuso dall’agenzia ufficiale Sana, il regime di Damasco con un comunicato ha confermato quanto una piena riuscita dell’offensiva sull’ultima roccaforte irachena dello Stato Islamico (Isis) sostenuta in cielo dagli aerei dei nemici americani sia visto come una chance per il proprio rafforzamento. “La decisione di liberare Mosul dalle bande criminali dell’Isis – prosegue il comunicato di Damasco – è una svolta qualitativa nel quadro della lotta al terrorismo”. E’ noto che i piani militari di Baghdad per l’offensiva di Mosul siano stati coordinati e supervisionati dai generali del Pentagono, gli stessi che da quando è scoppiata la rivolta nel 2011 sostengono anche con armi i ribelli dell’opposizione al regime siriano. E’ altrettanto noto che per la liberazione di Mosul sarà decisivo il ruolo dei raid aerei della Coalizione internazionale a guida Usa ed anche di forze speciali americane sul terreno.

Cosa spinge Assad a fare il tifo per i piani americani a Mosul lo spiegano alcuni ‘indizi’ ma anche una interessante analisi di Martin Chulov in un articolo pubblicato su The Guardian. In sostanza, l’analista sostiene che la liberazione di Mosul, capoluogo di una vasta provincia nor-occidentale dell’Iraq, garantirebbe a Teheran, principale alleato di Damasco ma anche del governo di Baghdad, una continuità territoriale fino alle coste del Mediterraneo senza precedenti. Insomma, la realizzazione di un sogno covato da molto tempo, quello della cosiddetta “Mezzaluna sciita”: una vasta area geografica che parte dall’Iran e, passando per Iraq e Siria ed anche il Libano, si affacci sul mar Mediterraneo. Un progetto, quello dell’Iran sciita, fortemente osteggiato da altre due potenze regionali sunnite: la Turchia e l’Arabia saudita che da sempre finanziano ed armano i ribelli dell’opposizione siriana propio per sventare i piani di Teheran. Mentre l’esercito iracheno attacca Mosul da Sud e Nord (e le forze curde dei Peshmerga da Est) lasciando la parte occidentale sostanzialmente libera per una eventuale via di fuga dei jihadisti verso la Siria, le milizie sciite sono state marginalizzate ed “invitate” a non fare ingresso nella città una volta liberata. Una precauzione voluta soprattutto dai sunniti iracheni, ma chiesta a gran voce anche da Riad ed Ankara.

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In particolare proprio ieri, giorno dell’avvio ufficiale delle operazioni, è stato il ministro degli Esteri saudita Adil al Jubair a mettere in guardia da “un bagno di sangue” a Mosul nel caso di entrata in città di milizie sciite. Un punto evidenziato nell’articolo del Guardian, che spiega poi le contromosse intraprese dalle milizie sciite per impedire la fuga degli uomini del Califfato in Siria, prospettiva che preoccupa comunque il regime di Assad. Nelle operazioni di Mosul, come quartier generale delle milizie sciite, riunite sotto il nome della potenza alleanza “Al Hashd al Shaabi” (“Moobilitazione popolare”), è stato scelto Shirqat, località a circa 70 chilometri a Sud di Mosul. Ma con l’inizio dell’offensiva, i combattenti di al Hashd al Shaabi – che de facto rispondono agli ordini di Teheran – hanno preso posizione proprio in quella striscia di terra che sta ad Ovest del capoluogo, decisi a bloccare i fuggitivi dell’Isis e ad impedire che raggiungano Raqqa, capitale del Califfato in Siria. La Brigata “Babiliun” (dall’arabo “Babilonesi”), che fa parte dell’alleanza di milizie sciite è arrivata addirittura ad accusare gli Stati Uniti di “connivenza” con i terroristi: “Non capiamo altrimenti perché gli aerei della coalizione non stanno prendendo di mira i convogli dell’Isis in fuga verso la Siria”, ha detto il leader di questa brigata, Rian Kildani, come riporta oggi il sito web Arabic.rt. Insomma la liberazione di Mosul rischia di complicare ulteriormente una situazione già molto complessa. Chi governerà il capoluogo sunnita dopo la liberazione? Quale sarà la reazione di Riad ed Ankara ai piani di Teheran che, se realizzati, sancirebbero in sostanza la vittoria definitiva di Assad in una guerra che sta già vincendo ad Aleppo? Qualunque siano gli sviluppi, l’offensiva per Mosul, da più parti vista come un “regalo elettorale” ad Hillary Clinton nella sua corsa alla Casa Bianca, rischia di lasciare una pesante eredità al successore di Barack Obama. (foto, presidente Siria, Bashar al-Assad – president Iraq Jalal Talabany)

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