L’inarrestabile Erdogan, crescono gli interrogativi dopo tentato golpe

L’inarrestabile Erdogan, crescono gli interrogativi dopo tentato golpe
20 luglio 2016

Oltre 7.500 militari e giudici arrestati, quasi 9mila tra poliziotti, prefetti e ufficiali della gendarmeria, un centinaio di membri dell’intelligence sospesi. Mentre il governo turco continua l’epurazione dell’apparato statale da tutti i possibili membri sospetti di avere legami con il tentato golpe del 15 luglio scorso, restano tutte le incertezze riguardo ai possibili ulteriori sviluppi del drammatico episodio. E molte domande a cui rispondere.

erdoganCHI C’È DIETRO IL TENTATO GOLPE? ACCUSA RIVOLTA A FETHULLAH GULEN
L’esecutivo turco e il presidente Recep Tayyip Erdogan (foto) hanno immediatamente identificato il responsabile del tentato golpe nella figura di Fethullah Gülen e del suo esteso movimento. Influente imam in autoesilio negli Stati Uniti dal 1999 e già strettissimo alleato di Erdogan, Gulen è stato apertamente dichiarato “nemico” quando è esplosa la maxi tangentopoli rigurdante l’esecutivo turco e l’entourage del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP), inclusi anche familiari dello stesso Erdogan. Da allora la “struttura parallela” – così denominata l’organizzazione di Gulen dall’esecutivo turco – è stata dichiarata un’organizzazione terroristica in Turchia. Come conseguenza centinaia di membri delle forze dell’ordine, della magistratura sono stati destituiti e/o arrestati, così come numerosi uomini d’affari accusati di finanziare l’organizzazione, mentre i media legati al gruppo di Gulen (tra cui l’influente quotidiano Zaman) accusati di propaganda a favore di azioni terroristiche sono stati arbitrati e/o chiusi. Secondo la leadership turca, i membri dell’organizzazione di Gulen, infiltrati anche nel corpo dell’esercito, avrebbero messo in atto il tentativo di golpe come ulteriore azione volta a rovesciare il governo di Ankara. Anche tra gli stessi militari – la maggioranza che si è opposta al putsch – c’è chi sostiene che alcuni dei soldati accusati erano noti per avere simpatie nei confronti del movimento gulenista. E sebbene Gulen neghi con veemenza ogni coinvolgimento, gli interrogativi sul ruolo dei gülenisti tentato golpe non hanno per ora vera risposta.

ALTRI ATTORI COINVOLTI?
Se per diversi giornalisti è verosimile che ci sia un’organizzazione gulenista all’interno dell’esercito, sono molti a ritenere che una simile azione non sarebbe stata possibile senza un appoggio più esteso da parte di altri gruppi all’interno delle forze dell’ordine. Il giornalista investigativo Ahmet Sik, uno dei massimi esperti in Turchia sulla struttura del movimento di Gulen, ritiene che sia stata formata un’alleanza tra fazioni diverse dell’esercito – guleniste e non – che poi si è per qualche motivo infranta, causando il fallimento del golpe. Si ricorda anche che tra i nomi che secondo i media locali sono stati fermati figurano anche quelli dei militari noti per avere un profilo ultranazionalista, e che erano già stati coinvolti nei maxi-processi Ergenekon e Balyoz nei quali sono stati imputati centinaia di ufficiali dell’esercito, quando ancora l’influenza dei gülenisti nella magistratura era intatta. Dunque l’alleanza di attori diversi uniti solo dall’ostilità al governo turco e al presidente Erdogan è un’altra delle ipotesi per spiegare la dinamica dei fatti.

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ACCUSE RIVOLTE AGLI USA
Ma anche gli Stati Uniti non sono rimasti immuni dalle accuse. A puntare il dito contro Washington sono i media pro-governativi e il ministro del Lavoro Süleyman Soylu. Quest’ultimo ha citato come prova le attività di un non meglio identificato periodico americano, forse un riferimento alla rivista dei militari Usa Star and Stripes che ha appena pubblicato una foto in cui il generale Bekir Ercan Van , uno dei presunti golpisti, stringe la mano al segretario alla Difesa Ashton Carter. Anche Ibrahim Karagül, direttore responsabile del quotidiano Yeni Safak ha scritto oggi che “va detto chiaro e tondo che gli USA hanno organizzato un golpe in Turchia tramite l’organizzazione terrorista gulenista”. Karagul ha rincarato la dose aggiungendo che”gli USA sono i pianificatori ed esecutori di questo tentato golpe” e che “l’amministrazione statunitense ha progettato di uccidere il presidente della Repubblica turca e ha messo in atto tale piano”. Secca la reazione del segretario di Stato Usa John Kerry, insolitamente duro, che ha ammonito la controparte turca, nella figura del ministro Mevlut Cavusoglu, sul fatto che simili insinuazioni “sono totalmente false e nocive per i rapporti bilaterali”. Per quanto riguarda invece le richieste di Ankara sull’estradizione di uülen, Kerry ha ricordato le “procedure ufficiali” cui si deve attenere Washington, chiedendo “prove” e “non accuse” dalla parte turca.

PERCHÈ ORA?
L’ipotesi più ricorrente riguarda l’imminente riunione del Consiglio supremo militare (prevista per fine luglio). Una delle due riunioni effettuate ogni anno, in cui vengono prese decisioni in merito al pensionamento e alla promozione dei militari in carriera. Secondo Okan Bato, viceprocuratore capo della Repubblica di Smirne, diversi militari accusati di avere partecipato al tentato golpe sarebbero stati arrestati con l’accusa di far parte dell’organizzazione di Gulen, subito dopo la riunione. Il colpo dei militari ribelli sarebbe stato un tentativo di capovolgere tale situazione, prendendo in mano il controllo dello Stato. Tra i nomi della lista dei sospettati sarebbero stati inclusi quelli di numerosi militari di alto rango accusati di essere coinvolti nel tentato golpe. Una prima ondata di arresti già effettuata a Smirne la prima settimana di luglio avrebbe spinto i militari golpisti ad anticipare la data del colpo di stato. Secondo le testimonianze ufficiali raccolte dal quotidiano Hurriyet, il presidente Erdogan sarebbe stato informato attorno alle ore 15 locali (14 italiane) di alcune intercettazioni interpretabili come un preparativo di golpe. E proprio nelle ore pomeridiane i militari ribelli avrebbero deciso di anticipare alla sera del 15 luglio, il colpo programmato precedentemente per sabato mattina.

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IL TENTATO GOLPE. UN PIANO DI ERDOGAN?
Un’altra delle ipotesi che sono circolate con frequenza in questi giorni – sui social media in particolare – riguarda la teoria complottistica secondo la quale sarebbe stata la stessa amministrazione Erdogan a mettere in scena il tentato golpe. La motivazione principale a supporto sta nel precoce “fallimento” del golpe, considerati i tentativi pienamente riusciti di un esercito estremamente forte che in meno di 60 anni ha firmato tre colpi di stato cruenti e due non armati. Si tratta tuttavia di un’ipotesi sempre meno battuta, considerata anche la morte di figure vicine al presidente come Erol Olcak, ideatore della campagna elettorale dell’AKP, e del figlio sedicenne come pure l’effetto negativo dell’ammutinamento dell’esercito – l’istituzione tradizionalmente più rispettata dai cittadini turchi – di cui Erdogan è fiero di essere “il comandante supremo”. E tuttavia l’ultimo episodio sembra aver messo anche in luce quanto l’esercito turco, un tempo massima espressione del kemalismo, non sia più un corpo politicamente univoco e provvisto di un’anima più conservatrice.

PREOCCUPAZIONI UE E USA
Sia l’Unione europea che gli Stati Uniti hanno chiamato la Turchia a mantenere lo stato di diritto e i principi democratici dopo il tentato golpe. I governi occidentali temono che Ankara possa utilizzare la situazione creata per inaspire i controlli con mezzi antiemocratici. Il dibattito sulla reintroduzione della pena di morte – abolita nel 2004 nell’iter di adesione all’UE – che sia il presidente Erdogan che il leader del partito nazionalista MHP hanno detto di appoggiare, è una delle principali cause di preoccupazione per l’UE. La stessa Unione teme che le ondate di arresti possano tradursi in un nuovo esodo di rifugiati, oltre a mettere in repentaglio il controverso accordo di riammissione dei rifugiati siriani siglato con la Turchia, già indicata come un luogo non sicuro dove mandare indietro i rifugiati. Il tutto mentre sfuma la possibilità di liberalizzare i visti per i cittadini turchi entro quest’anno. E se l’indirizzo di Ankara in politica estera non sembra che sarà influenzato dalla situazione interna fin quando verranno rispettati gli impegni con la Nato, gli osservatori prospettano la possibilità di ulteriori rischi legati allo Stato islamico e al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) per via della morte di importanti esperti di anti-terrorismo durante gli ultimi attacchi, nonchè all’arresto di comandanti impegnati nella linea di frontiera siriana e irachena.

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COSA CAMBIA IN POLITICA INTERNA
Infine non c’è dubbio che il presidente Erdogan sia uscito rinforzato dalla notte del 15 luglio. Riconfermato l’ampio sostegno popolare che ha chiamato a scendere per le strade “in difesa della democrazia” ora il traguardo presidenziale di Erdogan sembra più vicino. Sebbene i quattro partiti parlamentari abbiano condannato unanimemente il tentato golpe – dando esempio di una linea unita dimenticata da tempo – resta il fatto che i deputati del partito filocurdo HDP rischiano di essere estromessi dal parlamento da un momento all’altro, mentre il leader del nazionalista MHP sembra allungare la mano al Erdogan e il partito kemalista CHP risulta incapace di dare una valida voce all’opposizione. (foto home, Van-Ashton-Carter-Bekir-Ercan)

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