Zelensky alza la posta: “Pronto a volare da Trump” dopo il blitz europeo. Oggi l’incontro in Vaticano
La controffensiva diplomatica del leader ucraino per modificare il piano Usa e coinvolgere l’Europa come cuscinetto
Volodymyr Zelensky
Volodymyr Zelensky tenta di scongiurare l’isolamento e un accordo calato dall’alto. Dopo le critiche “deludenti” di Donald Trump, il presidente ucraino ha imbastito un tour lampo per Londra, Bruxelles e Roma, cercando di forgiare una posizione europea comune come leva negoziale verso Washington. Obiettivo dichiarato: “integrare e modificare” il piano americano per il cessate il fuoco. “L’unità tra alleati è fondamentale”, il suo messaggio, mentre Trump ha rinnovato le accuse: Kiev sarebbe più riluttante di Mosca. Il nodo irrisolto resta il Donbass, con una fonte ucraina che denuncia pressioni perché “l’Ucraina ceda il territorio”. Oggi, nuovo colpo di scena: l’incontro a Castel Gandolfo con Papa Leone.
Il vertice di Londra e il muro contro muro con Washington
La partita si è aperta con un nuovo affondo da oltreoceano. “Sono un po’ deluso che [Zelensky] non abbia ancora letto la proposta. Credo la Russia sia d’accordo, non sono sicuro che Zelensky lo sia”, ha detto Trump. Una frecciata a cui il leader ucraino ha risposto citando il timore di intercettazioni. Poco dopo, a Downing Street, il vertice a quattro con Macron, Starmer e Merz ha mostrato sostegno, ma anche scetticismo. “Non ci sono pressioni” per accettare il piano Usa così com’è, ha assicurato il premier britannico. Il cancelliere tedesco Merz ha espresso dubbi su alcune proposte americane. Macron ha rimarcato la forza delle sanzioni e il ruolo europeo: “Abbiamo molte carte in mano”. Fonti francesi hanno parlato di un “lavoro congiunto” per aggiungere contributi Ue al piano, in vista di nuovi round negoziali.
La trappola del territorio e la ricerca di garanzie
Il vero punto di frizione è geografico. “Putin non vuole stipulare un accordo senza territorio”, rivela una fonte ucraina, aggiungendo che “gli americani stanno facendo pressioni” in quella direzione. Zelensky ha ammesso che sul Donbass non esiste una “visione unitaria” tra Washington, Mosca e Kiev, ribadendo il rifiuto di cessioni territoriali per mancanza di “titoli legali o morali”. In parallelo, lavora al dopo-guerra: la sua richiesta è per garanzie di sicurezza solide, un meccanismo di mutua difesa sul modello dell’articolo 5 della Nato. A Bruxelles, negli incontri con Rutte, Costa e von der Leyen, è tornata con forza l’idea di usare gli asset russi congelati per finanziare la ricostruzione ucraina, una mossa per “aumentare il costo della guerra per Mosca”.
I segnali contraddittori dalla Russia e la mossa del Papa
Mosca osserva e manovra. La portavoce Zakharova ha definito “positiva” la ricerca di un “terreno comune” sotto Trump, sperando che smuova il “partito della guerra” in Europa. Peskov ha però subito raffreddato le attese, escludendo un nuovo vertice Trump-Putin prima del 2026. In una mossa parallela e provocatoria, la procura russa ha incriminato per “genocidio” nel Donbass decine di politici e militari ucraini, incluso l’ex presidente Poroshenko. Lista in cui, notevolmente, Zelensky non figura. Oggi, il presidente ucraino punta sul soft power con l’incontro in Vaticano. Poi, l’ultima tappa a Roma da Meloni, prima della potenziale resa dei conti. “Sono pronto a volare negli Stati Uniti se Trump vorrà”, ha annunciato. Il suo obiettivo è chiaro: non farsi dettare i termini da solo, ma arrivare a Washington con il peso dell’Europa al fianco. La partita è nel vivo, e ogni mossa conta.
