Si infittisce il crac Etruria, una pioggia di esposti. E scoppia il “caso Rossi”

Si infittisce il crac Etruria, una pioggia di esposti. E scoppia il “caso Rossi”
18 dicembre 2015

di Giuseppe Novelli

Mentre alla Camera il ministro Maria Elena Boschi si difende dalla mozione di sfiducia – poi bocciata dall’aula – e lancia la sua sfida (“chi sbaglia deve pagare, chiunque sia, se ha sbagliato mio padre deve pagare”) il fronte dell’inchiesta sul crac di Banca Etruria si infittisce con una pioggia di esposti da parte delle associazioni dei consumatori. Oggi il Codacons, che rappresenta “migliaia di risparmiatori”, si è costituito parte offesa presso la procura di Arezzo. Con una richiesta precisa: il sequestro presso la nuova banca delle somme perse dai risparmiatori. Il procuratore di Arezzo Roberto Rossi potrebbe decidere di aprire un nuovo fascicolo di inchiesta, il quarto, per l’ipotesi di reato di truffa. “Ora saranno i magistrati inquirenti a stabilire come procedere, noi come parte denunciante – spiega l’avvocato Laura Binarelli del Codacons – abbiamo offerto alcuni spunti, poi saranno i magistrati a decidere che piega prenderanno le indagini” e se verranno aperti nuovi filoni. Quello che è certo è che tutte le associazioni dei consumatori che hanno presentato esposti chiedono “il rimborso integrale di tutti coloro che sono stati danneggiati” perchè i rimborsi parziali – come proposto difatti dal governo che vuole affidare la questione all’arbitrato dell’Autorità nazionale contro la corruzione – “non hanno senso” in presenza, se sarà confermato, di “comportamenti penalmente rilevanti”. Per gli avvocati dei consumatori “potrebbero ricorrere gli estremi della truffa e della mancata vigilanza”.

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Sul sito del Codacons è anche possibile scaricare gratuitamente la nomina di persona offesa. Quale sarà il prossimo passo? “Se verranno confermate le ipotesi di reato – conclude l’avvocato Binarelli – ci sarà la possibilità di costituirsi come parte civile e chiedere di essere ammessi al processo in questo ruolo”. Oggi, intanto, il procuratore Rossi – su cui il Csm ha aperto una pratica nei giorni scorsi – ha voluto chiarire che il suo incarico come consulente del Governo, al Dipartimento affari giuridici e legislativi, “è stato espressamente autorizzato dal Consiglio superiore della magistratura su unanime parere espresso in tal senso dal Consiglio giudiziario di Firenze”, “successivamente il Csm ha autorizzato la proroga dell’incarico sino al dicembre 2015”. “L’incarico – spiega Rossi – consiste nel fornire pareri giuridici su testi normativi in materia di diritto e procedura penale (mai occupato di normative in materia bancaria o finanziaria in genere), non ha alcuna connotazione politica (altrimenti mai sarebbe stato autorizzato dal Csm) e in relazione ad esso non ho mai percepito alcun compenso né ho mai richiesto alcun rimborso di spese, anche perchè, svolgendosi tale incarico mediante scambio di testi normativi e di pareri tramite mail (senza quindi necessità di recarsi fisicamente a Roma), non avevo spese di cui chiedere il ristoro”.

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