E’ il giorno di Ciancimino: “Provenzano compagno di pizza. Per mio padre Riina uno stupido”

E’ il giorno di Ciancimino: “Provenzano compagno di pizza. Per mio padre Riina uno stupido”
4 febbraio 2016

E’ il giorno di Massimo Ciancimino al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. E nell’aula bunker del carcere Ucciardone – di fronte alla corte di assise, presieduta da Alfredo Montalto – si rivede il pubblico delle grandi occasioni: giornalisti e decine di studenti sugli spalti. In aula i pubblici ministeri – il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene – e l’imputato Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito, assieme all’avvocato Roberto D’Agostino. Da ottobre infatti lo storico legale di Ciancimino, Francesca Russo, ha rimesso il mandato. E’ attivo il collegamento in videoconferenza da Parma per consentire la partecipazione del boss Salvatore Riina, presente dunque dopo che nei giorni era stato ricoverato per motivi di salute.

PROVENZANO COMPAGNO DI PIZZA “Mio padre ha conosciuto Bernardo Provenzano. Ma l’ho conosciuto anche io, direttamente. Il rapporto con Provenzano c’era da sempre. Ero ragazzino e la sua presenza settimanale a casa nostra era una costante a casa mia. Ho preso contezza che questo personaggio, che all’epoca si presentava come l’ingegnere Lo Verde, verso la fine degli anni Settanta, tra il 1978 e il 1980, quando accompagnai mio padre dal barbiere. In questo locale vidi in un giornale un identikit di Provenzano. Una conferma l’ho avuta dopo una brutta risposta di mio padre. Papa’ – dissi – ho visto su Epoca un indentikit di uno dei piu’ pericolosi latitanti, l’ingegnere Lo Verde e’ Provenzano. Lui mi disse soltanto: ricordati che da questa situazione non ti puo’ salvare nessuno, neanche io”. In quel periodo – tra la fine del 1978 e il 1980 – “Provenzano usciva assieme a noi, l’intera famiglia Ciancimino, e andavamo anche a mangiare la pizza. Spesso si andava a San Martino delle Scale o a Baida”.

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PROVENZANO PROTETTO ISTITUZIONI “Un giorno, tra maggio e dicembre del 1992, mio padre mi disse che Provenzano poteva muoversi indisturbato grazie ad un accordo con rappresentati istituzionali, in seguito ad alcuni incontri ai quali anche lui aveva contribuito”, afferma Ciancimino, deponendo alle domande del pm Nino Di Matteo. “Gli incontri tra mio padre e Provenzano si sono protratti, con maggiori cautela, anche successivamente al 1980. Prima in luoghi della provincia di Palermo. Quando vivevamo a Roma, tra il 1990 e il 1992, mio padre era libero e vivevamo in via san Sebastianello (Roma). Nel luglio 1992 lui ha interceduto per fissare un incontro con un medico romano poiche’ mio padre e Provenzano condividevano anche i problemi medici legati alla prostatite”. E, ancora: “Non ho mai partecipato direttamente agli incontri, non ero abilitato, accompagnavo mio padre e restavo fuori. Ma ci salutavamo col bacio, mi conosceva fin da bambino. Era molto paterno con me e a volte mediava pregandomi di non fare arrabbiare mio padre”. Però “le richieste di mio padre non si discutevano. Facevo quello che mi diceva. Avevo piu’ paura di mio padre che di Provenzano”.

RIINA ERA UNO STUPIDO “Mio padre riteneva Salvatore Riina un doppiogiochista, intellettualmente limitato e aggressivo. E spesso lo appellava con il soprannome ‘pupazzo'”. Cosi’ Ciancimino definisce il boss corleonese, collegato in video conferenza da Parma adagiato su una lettiga. “Mio padre diceva che Riina era uno stupido e a volte prima di incontrarlo a casa nostra in via Sciuti a Palermo, gli faceva fare mezzora di anticamera e poi lo accoglieva”.

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