Bonus auto elettriche, corsa da record: 481 milioni bruciati in sei ore
In 45mila si aggiudicano gli incentivi appena parte la piattaforma ministeriale. Ma metà degli italiani resta tagliata fuori per il vincolo delle aree urbane.
Sono bastati 240 minuti per bruciare 481 milioni di euro. Il bonus auto 2025 ha registrato un avvio record: dalle 12 di martedì, quando la piattaforma ministeriale ha aperto i battenti, fino alle 18 dello stesso giorno, 45mila tra cittadini e microimprese hanno ottenuto il voucher per l’acquisto di veicoli elettrici, divorando già l’80% dello stanziamento complessivo di 597 milioni previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Una corsa agli incentivi che ha superato ogni previsione, ma che lascia sul campo polemiche e interrogativi sulla reale efficacia della misura.
Il decreto del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, nato dalla rimodulazione del Pnrr e approvato ad agosto, mette sul piatto cifre importanti: fino a 11mila euro a fondo perduto per i privati che acquistano un’auto elettrica, a patto di avere un Isee non superiore a 40mila euro. Per le microimprese interessate a veicoli commerciali, la dote sale fino a 20mila euro. Ma c’è un doppio vincolo che restringe drasticamente la platea: il contributo è accessibile solo a chi risiede o ha sede legale nelle cosiddette aree urbane funzionali, ovvero città sopra i 50mila abitanti e relative zone di pendolarismo, per un totale di circa 2.460 comuni tra vecchia e nuova catalogazione Istat.
Obbligo di rottamazione divide concessionari e consumatori
L’altra condizione indispensabile riguarda la rottamazione: per ottenere il bonus occorre mandare al macero un veicolo termico fino a Euro 5, del quale si deve essere primi intestatari da almeno sei mesi. Una clausola antifurbi che il ministero ha voluto inserire per evitare speculazioni dell’ultimo minuto, ma che aggiunge ulteriori paletti a una misura già selettiva. I concessionari guardano con scetticismo a questa formula, giudicata troppo restrittiva. Le associazioni dei consumatori, pur apprezzando l’ampliamento recente dell’elenco dei comuni ammessi, denunciano l’esclusione di fatto di quasi metà degli italiani, quelli che non vivono nelle aree ad alto pendolarismo.
Il settore automotive accoglie il provvedimento con freddezza, considerandolo una toppa insufficiente alla crisi che sta attraversando il comparto, alle prese con il travagliato passaggio alla mobilità elettrica. Una transizione che a Bruxelles ha appena registrato un segnale di flessibilità: all’inizio della settimana l’Unione Europea ha deciso di anticipare a fine anno la revisione dei target sulle emissioni al 2035. Il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha salutato la decisione come “un atto di realismo e non un passo indietro”, nel tentativo di trovare un equilibrio tra ambizioni green e sostenibilità industriale.
Obiettivo 39mila auto: già raggiunto in sei ore
I numeri delle prime sei ore di operatività della piattaforma hanno polverizzato le aspettative governative. L’obiettivo dichiarato da Pichetto Fratin era quello di arrivare entro il primo semestre 2026 all’acquisto di almeno 39mila veicoli a emissione zero. Il traguardo è stato sostanzialmente centrato in un pomeriggio, segno di una domanda repressa che attendeva solo il via libera ufficiale. La versione 2025 del bonus si differenzia nettamente dalle edizioni precedenti, puntando su fasce precise di cittadinanza e territori selezionati piuttosto che su un’apertura generalizzata.
Il decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale a settembre dopo l’approvazione di agosto, era rimasto in stand-by per settimane a causa dell’aggiornamento in corso da parte dell’Istat della mappa delle aree urbane funzionali, ferma al 2011. L’incertezza su quale catalogazione utilizzare ha allungato i tempi. La soluzione finale ha integrato entrambe le versioni: possono accedere al bonus sia i residenti nei 1.892 comuni del vecchio elenco sia quelli dei 368 nuovi comuni aggiunti con l’ultima revisione statistica. Una scelta che il Mase ha giustificato con la volontà di tutelare i diritti già riconosciuti ed estendere la platea beneficiaria, pur mantenendo il criterio territoriale come discriminante fondamentale dell’intervento.
