Al Nord 6 collegi in più. Perdono Umbria, Basilicata e Sicilia. Governo perplesso

Al Nord 6 collegi in più. Perdono Umbria, Basilicata e Sicilia. Governo perplesso
24 novembre 2017

Aumenta al nord il numero di seggi che saranno assegnati con i collegi uninominali alle prossime elezioni politiche: sei in più rispetto ai collegi uninominali del Senato del 1993, quelli del Mattarellum. Ne fanno le spese Umbria, Basilicata e Sicilia, con un picco negativo della Lucania che perde 3 posti: è quanto emerge dal decreto legislativo uscito ieri dal Consiglio dei ministri e trasmesso oggi in Parlamento per i pareri. Il testo è il frutto del lavoro di una commissione di esperti presieduta dal numero uno dell’Istat: i collegi uninominali sono costituiti in ciascuna circoscrizione in numero proporzionale alla rispettiva popolazione determinata sulla base dei risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione, ovvero quello del 2011. A parte le circoscrizioni Valle d’Aosta, Trentino e Molise in cui il numero e la delimitazione dei collegi uninominali è stabilita dal Rosatellum, la commissione è partita dai collegi disegnati nel 1993 per il Mattarellum. Dove è stato possibile, cioè in 12 circoscrizioni (Piemonte l, Piemonte 2, Lombardia l, Lombardia 4, Liguria, Toscana, Marche, Abruzzo, Puglia, Calabria, Sicilia 2 e Sardegna) li ha lasciati intatti. Anche le circoscrizioni Friuli-Venezia Giulia; Lazio l, Lazio 2, Campania l e Campania 2 hanno un numero di collegi uninominali pari a quello previsto dal decreto del 1993, ma essi non sono tutti in soglia. Uno dei criteri della delega, infatti, era che il collegio non potesse essere più o meno del 20% della media degli abitanti della circoscrizione. Dunque è stato necessario variare il numero dei collegi in 8 circoscrizioni: Lombardia 2, Lombardia 3, Veneto l, Veneto 2, Emilia-Romagna, che acquistano seggi, nonché Umbria, Basilicata e Sicilia l che perdono seggi. In tali circoscrizioni è stato necessario: per Lombardia 2, Lombardia 3, Veneto l, Veneto 2, procedere alla previsione di un ulteriore collegio per ciascuna; per la circoscrizione Emilia Romagna procedere alla previsione di ulteriori due collegi; per le circoscrizioni Umbria e Basilicata a riassorbire, rispettivamente due e tre collegi e, per la circoscrizione Sicilia l, un collegio uninominale.

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GOVERNO PERPLESSO Non convince lo schema dei nuovi collegi elettorali messo a punto dalla commissione di esperti presieduta dal presidente dell’Istat, approvato ieri in consiglio dei ministri e assegnato oggi alle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato per il parere: nella relazione illustrativa che accompagna il testo trasmesso in Parlamento, il governo esprime tutti i dubbi sulle decisioni della Commissione arrivando a elencare nel dettaglio le criticità nella ripartizione dei collegi di Lazio, Toscana, Sicilia, Umbria e Marche affidando di fatto alle Camere il compito di lavorare sui punti più controversi e di “valutare”, nel parere atteso per il 9 dicembre, “dei leggeri aggiustamenti in modo da far coincidere la determinazione dei nuovi collegi con le realtà amministrative attualmente vigenti”. Nel decreto legislativo che definisce i collegi elettorali del Rosatellum ci sono “elementi suscettibili di diversa valutazione”, si legge nella relazione illustrativa del governo. Secondo l’esecutivo “gli interventi della Commissione hanno alla base uno spiccato carattere valutativo nel cui ambito sarebbe stata possibile una diversa considerazione”. Come a dire, gli esperti si sono presi troppe libertà. Il governo cita “a titolo esemplificativo” il caso in cui, “per il riporto in soglia del collegio di Civitavecchia, la Commissione ha previsto lo spostamento di un comune della città metropolitana di Roma Capitale nella provincia di Viterbo, in quanto appartenente a un parco regionale”. Per il governo invece “per evitare la lesione dell’integrità di entrambe le unità amministrative richiamate” andavano spostati “alcuni comuni della provincia di Viterbo ricadenti nel collegio di Civitavecchia nel collegio della loro provincia”.

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Poi c’è la Toscana. Qui, sottolinea il governo, “l’aggregazione dei collegi uninominali è stata effettuata accorpando collegi di province diverse, come Prato e Firenze, separando collegi appartenenti alla stessa città metropolitana come Empoli”. Invece si potevano “realizzare aggregazioni più rispettose del criterio oggettivo delle unità amministrative”. Richiede “senz’altro una rinnovata valutazione”, secondo il governo, la proposta della Commissione in merito ai collegi plurinominali del Senato della Sicilia: “Di fronte alla previsione di un collegio plurinominale di conformazione tale da toccare tutti i mari da cui l’isola è bagnata appare meritevole di attenzione, invece, una soluzione che diminuisca il numero dei collegi a vantaggio di una loro maggiore compattezza, ispirandosi alle due circoscrizioni elettorali della Camera”. Poi c’è l’Umbria, “regione che vede ridurre il numero dei collegi uninominali da cinque a tre, e in tal senso il ridisegno dei nuovi collegi è risultato particolarmente complesso. Si potrebbe ragionevolmente ponderare nuovamente la soluzione adottata dalla Commissione anche prendendo in considerazione ulteriori profili sociali e demografici”. Infine le Marche: “Anche in questo caso – scrive il governo – potrebbe essere plausibile intervenire procedendo con un’opera di armonizzazione”. “Per quanto concerne le altre regioni, infine – conclude il governo – anche se risulta certamente condivisibile lo sforzo di rispettare la soluzione ‘di norma’ di partire dai collegi uninominali 1993, potrebbe essere considerata la possibilità di valutare dei leggeri aggiustamenti in modo da far coincidere la determinazione dei nuovi collegi con le realtà amministrative attualmente vigenti”.

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