Il centrodestra ha perso 11 milioni di voti. E ancora si litiga per leadership e poltrone

Il centrodestra ha perso 11 milioni di voti. E ancora si litiga per leadership e poltrone
18 settembre 2016

romani salvini brunetta totidi Carlantonio Solimene

Perché oggi il centrodestra è diviso in due tronconi? Perché c’è una parte di Forza Italia che partecipa alla convention di Stefano Parisi a Milano e un’altra che fa la fila per accomodarsi alla Pontida leghista? Perché, ancora, ci sono alfieri storici del berlusconismo accomodati al governo e Berlusconi è all’opposizione? Dai fasti della Casa della Libertà, trionfatrice nelle elezioni del 2001, sono passati quindici anni. Durante i quali il centrodestra è passato dagli oltre 18milioni di voti raccolti in quelle Politiche ai poco più di sette totalizzati alle Europee del 2014, le ultime disputatesi su tutto il territorio nazionale e quindi confrontabili con il dato iniziale (seppur con affluenze diverse). Più di 11 milioni di voti, insomma, si sono polverizzati. Per affluire verso i Cinquestelle, in minima parte persino verso il premier Renzi. Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, per rifugiarsi nell’astensionismo.

Ciononostante, se oggi i partiti del centrodestra si schierassero tutti insieme, sarebbero ancora competitivi. Tuttavia, è cronaca di questi giorni, le divisioni restano. Eppure i temi agitati dai vari big sono gli stessi: critica alle Politiche economiche del Premier, all’Europa sorda ai bisogni delle popolazioni, alle tasse troppo alte, alla burocrazia, alla malagiustizia. Nessuno, tra Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Giovanni Toti, Raffaele Fitto o Stefano Parisi, non condivide queste battaglie. Ma l’incomunicabilità tra le varie forze resta. Gli stili politici di un Salvini o di un Parisi sono agli antipodi, si dirà. Ma lo erano anche quelli di Berlusconi e Bossi, di Fini e Casini. Eppure ciò non ha impedito di creare un centrodestra capace di dominare a più riprese la competizione elettorale. L’impressione, insomma, è che più sui programmi la disputa sia su ruoli, leadership e poltrone. Ignorando che, senza unità, ci saranno ben poche briciole da spartirsi. La campagna referendaria è l’ultima occasione di ritrovarsi per i leader del fu glorioso centrodestra. Altrimenti sarà Renzi contro Cinquestelle. E anche i 7 milioni di elettori ancora affezionati a Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, salperanno presto per altri lidi.

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