Conte esce rafforzato dal voto, ma al premier preoccupano tensioni M5s

Conte esce rafforzato dal voto, ma al premier preoccupano tensioni M5s
Giuseppe Conte
22 settembre 2020

Giuseppe Conte tira un sospiro di sollievo, Nicola Zingaretti festeggia, Luigi Di Maio celebra la vittoria referendaria, “nascondendo” il risultato negativo delle Regionali, ma non le tensioni interne al Movimento. Complessivamente, dopo la “paura” dei giorni scorsi, il governo esce rafforzato dalla tornata elettorale, che però potrebbe avere riflessi nei rapporti tra alleati e anche all’interno delle stesse forze politiche. Il premier oggi ha passato la giornata al lavoro a Palazzo Chigi, tenendosi costantemente informato sull’esito del voto. Conte, dopo aver tentato, in pieno agosto, di favorire l’alleanza tra Pd e M5s, si era tenuto alla larga dalla campagna elettorale, proprio per mettere in sicurezza il suo gabinetto in caso di rovescio. Rovescio che però non c’è stato: il 3-3 finale è un risultato su cui, alla vigilia, tutti nella maggioranza avrebbero messo la firma.

Oggi il premier non ha commentato i risultati, lo farà probabilmente domani, per lasciare spazio ai partiti, ma ha fatto trapelare “soddisfazione” per il regolare svolgimento del voto e per l’affluenza, che ha dimostrato “un forte attaccamento alla democrazia”. Evitato dunque il secondo tentativo di “spallata” da parte di Matteo Salvini, da domani Conte può dedicarsi con maggiore serenità all’attività di governo, che tra Recovery Plan e manovra entra in una fase delicatissima. Il rimpasto, oggi, non lo chiede nessuno, ma la tenuta in Toscana e Puglia e la conferma, attesa, della Campania, rafforzano il Pd e Zingaretti. In questa situazione il Nazareno potrebbe spingere per qualche aggiustamento nella squadra, anche se i vertici Dem sono consapevoli del fatto che qualsiasi intervento potrebbe rompere un fragile equilibrio. “Non ricado – ha detto oggi il leader democratico, rispondendo a una domanda – nel tranello dei rimpasti sui nomi, incalzeremo il governo per la priorità assoluta, l’ultima chance che ha l’Italia: spendere, e bene, in maniera credibile, centinaia di miliardi di euro che fino a poco tempo fa ce li sognavamo”. Anche cercando di imporre la propria linea su temi divisivi, a partire dal Mes.

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Ma se il Pd, da stasera, punta a conquistare il ruolo di guida dell’esecutivo, più che ai propri risultati lo deve alla debolezza degli alleati. A soffrire è sicuramente Italia viva, che al primo test elettorale ha avuto numeri tutt’altro che esaltanti. Ma in difficoltà è soprattutto il M5s, relegato nelle retrovie in tutte le regioni in cui si è votato. Una condizione che può far deflagrare definitivamente lo scontro interno al Movimento, con la resa dei conti che dovrà arrivare agli Stati generali. Luigi Di Maio, commentando i risultati, ha posto l’accento sulla vittoria referendaria, considerata un “risultato storico”, glissando sul voto locale.

Pur confermando la fiducia al capo politico reggente Vito Crimi, il ministro degli Esteri non ha però risparmiato una ‘frecciata’ a chi ha gestito la partita, perchè le regionali “potevano essere organizzate diversamente, con un’altra strategia”. Un modo per spingere per un cambio di rotta, in tempi stretti, mentre le voci critiche tra i pentastellati emergono, forse per la prima volta, in modo aperto e fragoroso. Tra gli eletti, oggi, c’è chi parla di un Movimento “marginalizzato” (il deputato Andrea Colletti) o senza mezzi termini di “disastro” (la senatrice Barbara Lezzi e l’eurodeputato Ignazio Corrao). Il percorso per gli Stati generali, assicura Crimi, inizierà “nei prossimi giorni” e in questo clima, nei mesi a venire, proprio dal travaglio del suo principale azionista potrebbero arrivare le insidie più pericolose alla stabilità di Conte. askanews

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