Crac “Divina Provvidenza”. Nuove grane per il ministro Alfano

Crac “Divina Provvidenza”. Nuove grane per il ministro Alfano
10 giugno 2015

Antonio Azzollinidi Maurizio Balistreri

Il crac delle case di cura Divina Provvidenza non fa dormire sonni tranquilli ad Angelino Alfano. Le accuse seguono il falimento da 500 milioni di euro che ha travolto le case di cura. Tremano governo e Ncd. Il senatore Antonio Azzollini (foto) è finito sotto i riflettori. Oltre alla raffica di arresti che questa mattina sono scattati in Puglia, gli inquirenti vorrebbero far scattare le manette ai polsi del presidente della commissione Bilancio del Senato. La procura di Trani ha infatti trasmesso alla Giunta per le Immunità, presieduta da Dario Stefano, la richiesta di arresto del senatore Ncd. L’operazione ha condotto a dieci arresti, tre in carcere e sette ai domiciliari. Si va dall’associazione per delinquere alla bancarotta fraudolenta e la lista è davvero lunga. Tra questi ci sono due suore, che siedono ai vertici dell’ente ecclesiastico “Congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza”. Gli altri finiti invischiati nell’operazione “Ora pro Nobis” sono amministratori, consulenti e dipendenti dell’Ente e un ex direttore generale. Ma il nome più eclatante è sicuramente quello di Azzollini.

Il commissario straordinario sostiene che la consapevolezza dello stato di insolvenza era nota agli amministratori fin dagli anni 90. Già nel 1997, le disponibilità finanziarie della congregazione non erano sufficienti ad assolvere agli impegni di spesa previsti nei confronti del personale e dal gennaio 2002 non era più in grado di assolvere nemmeno ai contributi a carico dell’azienda verso Inps e Inail. In particolare dei complessivi 500 milioni di euro di debiti, ben 350 sono rappresentati da debiti verso lo Stato. L’indagine è durata tre anni e si è avvalza anche della collaborazione fornita dallo Ior nell’ambito delle rogatorie internazionali richieste dall’autorità giudiziaria e gira in particolare sull’attività dell’ente religioso fondato da don Pasquale Uva nel 1922. Ha tre sedi a Bisceglie, Foggia e Pootenza. Le indagini hanno inoltre evidenziato come molti dipendenti siano stati assunti con logiche clientelari e con spesso incredibili livelli di stipendio, mentre alcuni fornitori avrebbero ottenuto rapidi pagamenti in cambio di assunzioni mentre il patrimonio immobiliare dell’ente sarebbe stato in alcuni casi svenduto.

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