Dal record di longevità alla prova delle urne: le sfide del governo Meloni nel 2026

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Dovrebbe essere l’anno del primato storico: il governo Meloni si avvia a superare i 1412 giorni del Berlusconi II, conquistando il record di esecutivo più longevo della Repubblica. Eppure la premier non si illude. Rivolgendosi ai dipendenti di Palazzo Chigi e ai parlamentari di Fratelli d’Italia, ha lanciato un monito: “Il 2025 è stato tosto, ma il 2026 sarà molto peggio”. Non è pessimismo, è realismo. I dodici mesi che si aprono davanti al centrodestra sono un campo minato di riforme, referendum e tensioni interne. Con uno scenario internazionale che non concede tregua.

Pesa ovviamente la guerra in Ucraina e il lungo percorso verso quella “pace giusta e duratura” di cui parla Meloni. Ma c’è di più. Il 2026 sarà, in tutto e per tutto, un anno elettorale. Paradossale, se si pensa che — a parte alcuni grandi Comuni come Venezia e Reggio Calabria — non sono previste rilevanti tornate amministrative. La realtà, però, è che ogni partito guarda già alla primavera del 2027, quando gli italiani torneranno alle urne per le Politiche. E questo cambia tutto. La tensione salirà, tra maggioranza e opposizione ma anche all’interno della stessa coalizione di governo. La battaglia per accrescere i consensi è già iniziata.

Il referendum sulla separazione delle carriere, banco di prova cruciale

Contemporaneamente l’esecutivo sarà chiamato al rush finale sulle riforme promesse in campagna elettorale. Con un’aggiunta non da poco: la legge elettorale. Il primo appuntamento che attende la premier è il referendum confermativo sulla separazione delle carriere in magistratura. La data non è stata ancora fissata. Gli esponenti della maggioranza hanno già fatto sapere che l’esito non avrà alcuna conseguenza sul prosieguo della legislatura.

Meloni non ripeterà l’errore di Matteo Renzi, che legò le sue sorti politiche a una consultazione popolare. Tuttavia questo resta un momento cruciale per il centrodestra. Non solo perché si tratta di una battaglia storica per la coalizione, ma anche perché questa riforma viene sottoposta al giudizio degli italiani esattamente nella forma uscita da Palazzo Chigi, senza alcuna modifica nei passaggi parlamentari.

Autonomia e premierato, le riforme in stallo che dividono la maggioranza

Il 2026 dovrebbe essere poi l’anno in cui si completa la riforma dell’Autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega. Ma anche quello in cui riprende il cammino del premierato. La presidente del Consiglio continua a indicarla come priorità assoluta e a sottolinearne l’importanza strategica.

Resta però il dato di fatto: la cosiddetta “madre di tutte le riforme” è ferma da un anno e mezzo in commissione alla Camera, dopo aver superato uno solo dei quattro passaggi parlamentari richiesti per una modifica costituzionale. Lo stesso referendum confermativo viene ormai proiettato oltre la legislatura. Un’ammissione di debolezza che pesa come un macigno.

La scommessa della legge elettorale per aggirare lo stallo costituzionale

Ed è anche per questo che la grande scommessa dei prossimi mesi di Giorgia Meloni sembra essere proprio la modifica della legge elettorale. Un’operazione che consentirebbe di ottenere nella pratica effetti simili al premierato, ma attraverso una semplice legge ordinaria. Il modello a cui si lavora è un proporzionale con premio di maggioranza. Restano da sciogliere ancora nodi delicati all’interno del centrodestra: le preferenze, l’indicazione del leader della coalizione nella scheda. Subito dopo, però, ci sarà da affrontare l’iter parlamentare — voti segreti compresi — e il confronto con le opposizioni. Un percorso tutt’altro che in discesa.

Fine vita e decreto Ucraina, le mine vaganti del 2026

Tra i provvedimenti su cui si concentrerà l’attività parlamentare ci dovrebbe essere anche la legge sul fine vita. Dopo uno sprint iniziale, il testo ha nuovamente visto il suo iter rallentare al Senato. In ordine temporale, tuttavia, il primo scoglio per la maggioranza potrebbe essere il decreto Ucraina. All’approvazione della proroga degli aiuti a Kiev — quelli militari compresi — in Consiglio dei ministri si è arrivati dopo un lungo lavoro di limature lessicali per accontentare la Lega.

Ma il passaggio davvero delicato sarà l’arrivo del provvedimento in aula. Esponenti di via Bellerio già annunciano di non avere intenzione di votarlo. Le prove generali ci saranno il 15 gennaio, quando la maggioranza dovrà votare una risoluzione dopo le comunicazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto sugli aiuti a Kiev.

Equilibrismo internazionale tra Bruxelles e Trump, mentre l’economia chiede risposte

Lo sforzo di Giorgia Meloni sarà dunque quello di mantenere il governo in equilibrio. Un ruolo che la premier gioca costantemente anche sul piano internazionale, a cominciare dai rapporti tra l’Unione europea e gli Stati Uniti di Donald Trump. Il quadro internazionale, sconvolto dalla guerra in Ucraina prima e da quella in Medio Oriente dopo, ha condizionato pesantemente anche le decisioni economiche.

Basti pensare ai dazi o ai costi insostenibili dell’energia. Ed è proprio in questo settore che, appena archiviata la manovra, dovrebbe concentrarsi uno dei primi interventi del governo: un decreto con aiuti alle famiglie e alle imprese. Il 2026 dovrebbe anche essere l’anno di chiusura della procedura di infrazione da parte di Bruxelles. Altro nodo per ora rinviato è quello delle pensioni. La partita è appena iniziata.