Da Dini alla telefonata Prodi-Cav. La politica sempre dentro Palozzo Koch

Da Dini alla telefonata Prodi-Cav. La politica sempre dentro Palozzo Koch
L'ex premier, Enrico Letta
11 febbraio 2019

Per capire quanto pesa l’ipocrisia in politica, basta ricordare la procedura per la nomina del governatore della Banca d’Italia. È necessario un decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia. Una procedura che non viene fuori da un bussolotto ma dall’articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, che detta “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”. Detto ciò, parlare di ingerenza della politica sulle nomine dei vertici di Via XX Settembre, appare quasi un eufemismo. Ma in barba a tutto, la politica fa il suo mestiere. E così il primo colpo contro Luigi Di Maio e Matteo Salvini, “rei” di voler rinnovare i vertici di Bankitalia, lo sferra Forza Italia.

“Trovare un nemico comune e occupare tutte le poltrone: su questo si trovano d`accordissimo- attacca Mariastella Gelmini, presidente dei deputati azzurri -. Peraltro, in Consob hanno appena indicato i nuovi vertici e le nomine del direttorio di Banca d`Italia non spettano al governo”. Sono passati poco più di quattordici anni, dalla telefonata che l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, fece al suo avversario politico, leader dell’Unione, Romano Prodi, nel corso della quale sarebbe stata illustrata all’opposizione la situazione, con tutti i nomi presi in esame per la nomina del nuovo governatore e le reazioni dei diversi partiti della maggioranza. Conversazione che alla fine ha portato alla nomina di Mario Draghi. Una “buona nomina” anche per l’allora vice presidente del Senato, Lamberto Dini (Margherita) che non si è mai stancato di dire che ”il governo ha sempre influenzato le nomine in Banca d’Italia, non capisco come si possa pensare il contrario”.

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Cosa forse dimenticata da Enrico Letta che s’è aggiunto al gruppo d’assalto contro i vicepremier. “Azzerare Bankitalia? Non mi stupisce – afferma l’ex presidente del Consiglio -. Fa parte di una strategia complessiva che riassumerei in questo concetto: comprarsi l’arbitro. Minare e distruggere l’equilibrio su cui si fonda l’autonomia delle autorità indipendenti. Ma senza un sistema di pesi e contrappesi, il check and balance, viene meno un elemento essenziale della democrazia”. Eppure, dopo due settimane dal suo insediamento – siamo a maggio 2013 – Letta si trovava a Palazzo Chigi a firmare, in qualità di capo del governo, l’approvazione della nomina di Salvatore Rossi a direttore generale della Banca d’Italia, e di Valeria Sannucci a vice direttore. È la politica, bellezza!

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