Ginecologi, servono norme che eliminano discriminazioni

12 agosto 2014

I ginecologi italiani chiedono “la piena aderenza ai principi costituzionali e fra questi in primo luogo al principio di uguaglianza sostanziale affinche’ anche nel campo della Procreazione medicalmente assistita (Pma) Stato e Regioni si adoperino per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l’uguale godimento di diritti, liberta’, servizi nel pubblico e nel privato”. E’ quanto si legge in una nota firmata dai presidenti delle associazioni dei ginecologi Sigo (Paolo Scollo), Aogoi (Vito Trojano), Agui (Nicola Colacurci) e Sios (Cristoforo De Stefano). “Le attuali profonde diversita’ economiche, sociali e organizzative tra le Regioni e tra il Ssn pubblico e la sanita’ privata – affermano i ginecologi – devono essere fronteggiate con una regolamentazione attuativa tesa a prevenire ed eliminare qualsiasi discriminazione dei cittadini, trovando doverosi e ragionevoli punti di equilibrio”.

Tutto cio’ “giustifica lo sforzo delle Regioni di intraprendere percorsi omogenei secondo gli strumenti regolatori che lo Stato deve rapidamente e scrupolosamente assicurare”. Se il Consiglio dei Ministri ritiene che la materia debba passare alle Camere perche’ complessa – si chiedono le associazioni – intende dire che occorre legiferare (con dibattito democratico) su una materia che dispone gia’ di una legge (L.40/2004) non dichiarata totalmente illegittima e quindi vigente? Se l’intento e’ quello di assicurare norme di attuazione in una disciplina che richiede un grado di specializzazione e che deve rispettare il principio d’uguaglianza dei cittadini allora occorre ispirarsi a linee guida su cui si sono applicate con scrupolo e impegno in un tavolo tecnico le Societa’ Scientifiche Societa’ Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo), Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri (Aogoi), Associazione Ginecologi Universitari (Agui) e Societa’ Italiana Ospedaliera Sterilita’ (Sios)”. E ancora: “Allora perche’ non utilizzare altri strumenti? Non potrebbe farsi ricorso a un decreto legislativo per delega del Parlamento al Governo? O non basterebbe un regolamento ministeriale oppure un regolamento governativo attuativo-integrativo deliberato dal Consiglio dei Ministri?”

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