Governo, Mattarella soddisfatto. Ora dipende dall’autonomia di Draghi

Governo, Mattarella soddisfatto. Ora dipende dall’autonomia di Draghi
Sergio Mattarella
15 febbraio 2021

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto quanto doveva. Dopo il giuramento del governo Draghi l’opinione pubblica pensava che tutto fosse risolto. I partiti (da una parte all’altra dell’emisfero politico) tutti in accordo fra loro. Ma non è così. Le istanze di ognuno sono assolute, non concedono molti spazi agli avversari di ieri ma alleati di oggi. Gli schieramenti politici ritengono che ciò che non sia stato soddisfatto (ma comunque accettato) nel primo passaggio al Quirinale, con il formale giuramento dei ministri, possa essere emendato dalla nomina dei sottosegretari. Un passaggio che i partiti vedono come la possibilità, dopo le nomine “tecniche” e comunque autonome di Draghi, di riportare la loro significativa presenza al governo.

Di fronte a questo dibattito, già dopo il giuramento di sabato (di fatto da parte di tutti una adesione formale al progetto Draghi e Mattarella) sono cominciati i distinguo, soprattutto i rilanci politici come se nulla fosse successo. E soprattutto come se il capo dello Stato non fosse mai intervenuto. Ma Mattarella è intervenuto e forse, dopo le sue parole al termine del primo giro di consultazioni, una indicazione l’aveva sicuramente data: unità istituzionale. E oggi pur di fronte al ritorno della dialettica politica può forse dire che il grosso è fatto e tutto ora dipende dall’autonomia del premier Draghi. Un capo dello Stato che evidentemente non potrebbe che essere soddisfatto di come la crisi si sia risolta e che, a questo punto, lascia naturalmente piena autonomia, e rispetto, al premier per la nomina dei sottosegretari.

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Il governo è costituito, ora tocca al presidente del Consiglio davanti ai partiti gestire il tema del “sottogoverno”. Una questione questa – a differenza ripetiamo dell’incidenza significativa esercitata da Mattarella su Draghi e sulla indicazione dei ministri – che dipende direttamente da Draghi e dai suoi rapporti con Zingaretti, Salvini, Berlusconi, Di Maio e altri. Il cerchio dei ministri è stato chiuso e ora al premier tocca cercare il punto di equilibrio, senza ulteriori aiuti dal Colle. I sottosegretari sono espressione diretta dei partiti e attraverso loro, viste anche le perplessità di molti leader politici per la strada programmatica che sembra essere seguita da Draghi, cementare una scelta, una maggioranza nata in maniera sicuramente estemporanea.

In sostanza il governo, al di là delle interpretazioni giornalistiche, non può essere che “di Draghi” anche se su indicazione di Mattarella. E la nomina dei sottosegretari sarà il primo atto politico di questo governo, un atto per dare forse più anima a un esecutivo nato, per forza di cosa, “tecnico” e figlio di una situazione di emergenza. Sarà un naturale interfaccia, quella dei sottosegretari che non a caso passano per il loro incarico da Palazzo Chigi e non per il Quirinale, tra Draghi e i partiti. Con i gruppi parlamentari che dovranno esprimere nomi esperti della macchina parlamentare e in grado di essere il terminale dell’azione di governo nelle Camere.

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