Guerriglia contro comizio di Salvini: 21 feriti, 4 fermi e 16 automezzi militari danneggiati

Guerriglia contro comizio di Salvini: 21 feriti, 4 fermi e 16 automezzi militari danneggiati
11 marzo 2017

Finisce con un bilancio da vera e propria guerriglia urbana la manifestazione anti-Salvini che ha visto scendere in piazza questo pomeriggio decine di sigle comuniste, antifasciste, di centri sociali, arcigay. Il bilancio tracciato dalla Questura parla da solo: a fronte di 4 persone fermate (la cui posizione è in fase di valutazione da parte del pm di turno) sono 21 i soggetti delle forze dell’ordine feriti, 16 poliziotti e 5 carabinieri. Nessuno di loro è grave. Numerosi i mezzi delle forze dell’ordine che hanno riportato danni: 10 della polizia e 5 dei carabinieri. Perfino un idrante è stato danneggiato dalla sassaiola degli antagonisti. Numeri che danno un quadro di quello che si è scatenato dopo le 17 in piazzale Tecchio quando i manifestanti hanno provato a forzare il blocco su viale Kennedy, la strada su cui si affacciano vari ingressi della Mostra d’Oltremare dove Salvini si preparava a tenere il suo comizio. La gente – anche quelli che fino ad allora avevano sfilato in modo non violento – è fuggita a cercare riparo negli androni dei palazzi.

I commercianti hanno abbassato le saracinesche. Nell’aria si sono susseguiti fumi di lacrimogeno, anche di quelli al peperoncino, getti d’acqua. Si sono sentiti scoppi di bombe carta, petardi. Negli scontri si sono trovati coinvolti alcuni reporter che in prima fila provavano a riprendere e scattare il più possibile. Per poco più di mezz’ora in piazzale Tecchio è stato difficile capire cosa stesse esattamente accadendo, causato – come immortalato dalle telecamere e dai cellulari – da un gruppo di una trentina di antagonisti tutti vestiti di nero (stile Black Block), con zaini in spalla, alcuni armati di bastoni, e tutti rigorosamente con il volto coperto e i caschi. Partito alle 15 da piazza Sannazzaro, il corteo ha percorso via Piedigrotta e attraversato il tunnel in direzione di Fuorigrotta. Un miscuglio di sigle e persone di varia estrazione politica. Dagli antagonisti giovanissimi a manifestanti con i capelli bianchi, da immigrati di colore a rappresentanti dell’Arcigay in abiti multicolori e parrucche fucsia. Un miscuglio intriso di riferimenti meridionalisti, per la prima volta accentuati dal fatto di trovarsi di fronte a un esponente della Lega Nord, definito “fascista, razzista, nazista”.

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Strano vedere sfilare in mezzo alle bandiere rosse quelle bianche con lo stemma del Regno delle Due Sicilie. Ancora, strano sentire cantare la partigiana “Bella ciao” e poco dopo l’antipiemontese “Briganti”. Il leader della Lega è riuscito a mettere insieme diverse generazioni di militanti della sinistra: dai circoli più giovani, come Insurgencia, ai vecchi militanti che hanno sfilato in stile anni ’70, sino a esponenti della Fiom. Eppure, l’obiettivo tanto sbandierato dai manifestanti, quello di consegnare a Salvini un simbolico “foglio di via popolare” è miseramente fallito. Dopo la carica della polizia, gli scontri, il fumo e le bombe carta, il “foglio di via” montato su un cartone e poco prima portato in prima fila in corteo, è rimasto a terra, nei pressi della stazione della Cumana, nel centro della piazza a una cinquantina di metri da dove ci sono stati gli scontri più pesanti.

I manifestanti si sono divisi e sparsi nelle strade laterali, tra viale Augusto e viale Giulio Cesare. A sentirli i commenti sono i più disparati. I più pacati, soprattutto le donne, dicono che non si sarebbe dovuto degenerare, sarebbe stato meglio che tutto proseguisse in modo vivace ma senza violenze. Qualcuno riesce a recuperare la moto parcheggiata non lontano. Altri prendono la Cumana, lasciata incustodita, senza neanche fare il biglietto. Alla fermata di Fuorigrotta salgono in molti ancora armati di bandiere arrotolate, ancora carichi di adrenalina. Pochi minuti di tragitto fino a Montesanto, nel centro di Napoli, per scambiarsi commenti sulla manifestazione, inveire contro Salvini, la polizia e il governo, e promettersi che la prossima volta ci si dovrà attrezzare meglio.

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