Istat: mancanza di liquidità per 1 impresa su 2

Istat: mancanza di liquidità per 1 impresa su 2
15 giugno 2020

Mancanza di liquidità per una impresa su due. La crisi economica che ha colpito il sistema produttivo a seguito dell’emergenza sanitaria, produce – nelle valutazioni delle imprese – effetti di medio periodo per quasi nove aziende su dieci. Oltre la metà delle imprese (51,5%, con un’occupazione pari al 37,8% del totale) prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020 e il 38% (27,1% il loro peso occupazionale) segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività. E’ quanto emerge da un report dell’Istat.

La mancanza di liquidità è tanto più diffusa quanto minore è la dimensione aziendale, interessata anche da una dinamica più negativa del fatturato. Dal punto di vista settoriale è più accentuata per le imprese delle costruzioni, soprattutto se piccole (che rappresentano il 56,4% del totale) e per le micro imprese dell’industria in senso stretto (56,0%). Nell’ambito della manifattura, particolarmente colpite sono le imprese di alcuni settori tipici del Made in Italy, su tutti la fabbricazione di mobili (64,5%), l’industria del legno (64,2%) e le confezioni di abbigliamento (62,6%). Dal punto di vista geografico, ciò si traduce in una spiccata mancanza di liquidità soprattutto nelle regioni del Centro Italia (il 55,5% delle imprese, +4 punti percentuali rispetto alla media nazionale), ma sono presenti situazioni di forte disagio in alcune regioni del Mezzogiorno, come la Calabria (57,4%) e la Sardegna (56,1%).

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Anche il rischio operativo e di sostenibilità dell’attività è più frequente nelle classi dimensionali più piccole: particolarmente a rischio sono le micro imprese (39,9%) attive in altri servizi (in cui arrivano al 47,4%, con forte peso dell’assistenza sociale non residenziale). Nei prossimi mesi quasi un’impresa su tre si aspetta una contrazione del fatturato a causa della riduzione della domanda locale e nazionale (rispettivamente il 32,1% e il 30,3%): all’andamento locale della domanda sono maggiormente sensibili le micro imprese e quelle attive nei servizi, specialmente nel Mezzogiorno.

Il livello nazionale interessa invece di più le imprese di dimensione grande e media e le unità produttive nell’industria in senso stretto (spicca l’industria delle bevande, 81,4%) e, da un punto di vista geografico, quelle del Nord-est (Provincia autonoma di Trento 53,4%). La riduzione della domanda dall’estero (14,9%) colpisce invece di più le imprese di dimensione media e grande (rispettivamente 34,9% e 33,8%) attive nell’industria in senso stretto (55,4% e 58,3%). In termini geografici la variabilità è molto forte, si va dai massimi delle imprese delle Province autonome di Bolzano (26,9%) e Trento (25,9%) ai minimi del Molise (7,2%) e Calabria (6,7%).

FATTURATO DIMEZZATO

Tra marzo e aprile oltre il 50% di fatturato in meno per 4 imprese su 10. Oltre la metà delle imprese (37,8% di occupati) prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese che si presenteranno fino alla fine del 2020. Il 38% (con il 27,1% di occupati) segnala rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 42,8% ha richiesto il sostegno per liquidità e credito. Riorganizzazione di spazi e processi (23,2% delle imprese) e modifica o ampliamento dei metodi di fornitura dei prodotti/servizi (13,6%) le principali opzioni adottate per far fronte alla crisi.

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