Jobs Act, è scontro Pd-Ncd. Sacconi: testo diverso sarà contenzioso nella maggioranza

Jobs Act, è scontro Pd-Ncd. Sacconi: testo diverso sarà contenzioso nella maggioranza
18 novembre 2014

Si stringe il cerchio attorno al Jobs Act. Il voto sulla delega da parte della Camera dovrà arrivare entro il 26 novembre e l’approdo in Aula della legge di Stabilità slitta al giorno 27. Dopo il faticoso accordo raggiunto nel Pd per una nuova versione dell’articolo 18 che possa ottenere il via libera da parte della minoranza dem, il governo è pronto a presentare un emendamento al testo in cui specificherà le tipologie di licenziamenti disciplinari per i quali sarà previsto il reintegro e quali invece verranno sanzionate solo con un indennizzo economico. L’annuncio è arrivato dal sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, mentre lasciava la Commissione Lavoro di Montecitorio dove è in corso l’esame del disegno di legge. E tanto è bastato a far saltare sul piede di guerra gli alleati del Nuovo Centrodestra, e mettere in moto un circolo di specificazioni e controsmentite volte a rassicurare gli animi della maggioranza sul fatto che la modifica governativa (in arrivo probabilmente già oggi a Montecitorio) non farà altro che recepire tutti gli emendamenti già presentati per individuare quando il reintegro non verrà sostituito con l’indennizzo economico.

Il sottosegretario Bellanova specifica che il governo intende mantenere il reintegro quando la motivazione addotta dall’azienda per il licenziamento sarà dichiarata falsa o inesistente dal giudice. Per gli altri casi ci sarà l’indennizzo crescente con l’anzianità, come per i licenziamenti economici. Il presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio, Cesare Damiano, afferma che non c’è nessun maxiemendamento in vista; che al massimo la modifica del governo porterà a “una riformulazione formale” di un emendamento già firmato da tutti i colleghi del Pd. Maurizio Sacconi, capogruppo in Senato degli alfaniani, non ci sta. Sottolinea che l’annuncio del sottosegretario Bellanova non corrisponde a quanto concordato con il Nuovo Centrodestra sulle modifiche all’articolo 18: “Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo ce ne andremmo dalla Commissione e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza”. Ncd spinge da mesi su un superamento, che sia il più ampio possibile, delle tutele dell’articolo 18. Una modifica da parte del governo volta a ratificare i punti d’incontro raggiunti tra le diverse anime del Pd fa scalpitare gli alfaniani. Anche perché proprio ieri  mattina Maurizio Sacconi (foto) aveva parlato con Belpietro, ne “La telefonata”, di un accordo raggiunto col ministro Poletti per mantenere il testo della delega sul Jobs Act sostanzialmente analogo a quello licenziato dal Senato. E d’altronde per la specificazione delle tipologie di licenziamento coperte dalla tutela del reintegro, finora si era sempre fatto riferimento a un intervento normativo ulteriore da realizzare in futuro con i decreti attuativi, dopo l’approvazione del testo base. In seguito all’accordo dentro il Pd, l’Ncd si era messo subito di traverso, sollecitando un vertice di maggioranza. Contro l’emendamento del governo anche Sergio Pizzolante, capogruppo per il Nuovo Centrodestra in Commissione Lavoro alla Camera, afferma che “non risulta che il testo dell’accordo fra Sacconi e Poletti sia quello annunciato dal sottosegretario Bellanova. Ribadiamo che per noi la regola è l’indennizzo economico con casi limitati e specifici di licenziamenti disciplinari”.

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Pizzolante dice anche che “non si tratta,come sostiene Damiano, della riformulazione di emendamenti già presentati, ma di un nuovo emendamento del governo”. “Dobbiamo stare tutti calmi e sereni”, risponde l’esecutivo con Teresa Bellanova, ” non facciamo il gioco delle tre carte. E’ una riformulazione sulla base delle cose che il governo dice dal primo momento”. Vale a dire: “Che resta ferma la reintegra per i licenziamenti discriminatori, per i licenziamenti economici è previsto un indennizzo economico crescente con l’anzianità, mentre per i licenziamenti disciplinari ingiustificati è previsto il reintegro sul posto di lavoro per talune specifiche fattispecie che definiremo nei decreti delegati. Non capisco le ragioni del pandemonio che si è creato”. Renzi ha più volte fatto riferimento alla possibilità di ricorrere alla questione di fiducia, nel caso in cui il testo del Jobs Act dovesse arenarsi nel “pantano” dei lavori parlamentari. Proprio per evitare il ricorso alla fiducia – anche se nulla è escluso – sembra potersi leggere la decisione di forzare i lavori con una stretta sui tempi e arrivare a chiudere l’esame da parte dell’Aula entro il 26 novembre. Una procedura d’urgenza che i 5 Stelle hanno respinto. Contrari anche Lega, Fdi-An e Forza Italia. La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha spiegato che questa data è il frutto della mediazione della presidenza nella scorsa conferenza dei capigruppo, perché il governo avrebbe voluto che il Jobs Act approdasse addirittura prima in assemblea.

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Le opposizioni sono sul piede di guerra. “Il Jobs Act in Aula prima della legge di Stabilità è un controsenso. Per smussare le divisioni del Pd si stravolge la logica”, scrive su twitter il deputato Fi Luca Squeri. Nello stesso senso Renata Polverini afferma che la fretta di Renzi è dettata dall’urgenza di “togliere dal tavolo un provvedimento (il Jobs act) che per il suo aspetto ideologico continua a dividere il suo partito, con dei rischi di scissione”. La variazione dei lavori a Montecitorio è stata approvata con 95 voti di differenza. Per Sel, il capogruppo Arturo Scotto annuncia che i vendoliani faranno tutto ciò che consente il regolamento per evitare che il termine fissato entro il 26 novembre venga rispettato. Giorgio Airaudo dice: “Il governo non ci sta mettendo in condizione di fare un buon lavoro, stiamo discutendo su un testo che non sappiamo se verrà modificato da Renzi e Sacconi a scapito di Damiano e Speranza. Sappiamo che ci rimetteranno i lavoratori, noi ci opporremo in commissione e in Aula”. La Commissione Lavoro ha intanto dato il via libera a una decina di altri emendamenti su ammortizzatori sociali e riduzione delle forme di lavoro precario. È stata accolta una riformulazione, concordata con il governo, che specifica che, perché si possa interrompere la cassa integrazione in deroga, la cessazione dell’attività deve essere definitiva. Se invece ci sono concrete possibilità di continuità aziendale la cig potrà essere erogata. Via libera poi ad una riformulazione che riguarda le tutele per i collaboratori: si specifica che l’indennità di disoccupazione per questi precari resta fino al superamento della tipologia contrattuale. In questo modo non sarà possibile attivare nuovi contratti di collaborazione. Approvato anche l’emendamento Polverini sulla possibilità per i lavoratori di acquisire la proprietà di una azienda in crisi.

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