L’economia migliora ma Draghi conferma linea morbida. Esclusa riduzione dei tassi

L’economia migliora ma Draghi conferma linea morbida. Esclusa  riduzione dei tassi
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi
8 giugno 2017

La crescita di Eurolandia migliora e si rafforza, ma le pressioni inflazionistiche legate al petrolio si sono attenuate e la Bce non ravvisa motivi per cambiare rotta, soprattutto ritiene che sia sempre necessario proseguire con consistenti stimoli monetari. Nulla di eclatante quindi, dal Consiglio direttivo che si è tenuto in trasferta a Tallim, in omaggio alla presidenza di turno dell’Ue da parte della Lettonia, anche perché il presidente Mario Draghi e diversi esponenti del direttorio avevano preparato il terreno a un aggiornamento delle previsioni e delle prospettive, ma senza scossoni. La novità più concreta è che ora la Bce esclude esplicitamente che vi siano ancora rischi di deflazione e che rimuove dal tavolo l’ipotesi, che pure era remota, di abbassare ulteriormente i tassi. Un segnale di cambiamento che tuttavia è molto morbido e che quindi conferma lo scenario di una manovra restrittiva ancora lontana nel tempo e che, quando arriverà, sarà molto prudente e graduale. Peraltro i tassi sono stati riconfermati ai minimi storici e la Bce prevede comunque di lasciarli al livello attuale ben oltre la fine del piano di acquisti di titoli, il quantitative easing destinato a proseguire al ritmo di 60 miliardi di euro al mese (almeno) fino a dicembre 2017. Un’altra novità, ampiamente attesa, è che ora il direttorio ritiene “equilibrato” l’insieme di rischi sull’economia, laddove in precedenza prevalevano quelli al ribasso. Resta invece sul tavolo la possibilità potenziare gli stimoli, nel caso la situazione lo richiedesse. E Draghi ha messo enfasi almeno in un’occasione sull’ipotesi di agire sulla durata del Qe, su cui del resto nessuno si attende una brusca interruzione alla fine del 2016.

Intanto i tecnici dell’istituzione hanno rivisto al rialzo le previsioni di crescita economica dell’area euro, ma al tempo stesso hanno abbassato quelle sull’inflazione, a riflesso del calo dei prezzi del petrolio. Ora per quest’anno si attendono una espansione del Pil dell’1,9 per cento, sul 2018 dell’1,8 per cento e sul 2019 dell’1,7 per cento. Tutti e tre i valori sono di un decimale di punto più altri delle stime di tre mesi fa. Per l’inflazione invece ora è atteso un 1,5 per cento sulla media 2017 (dall’1,7 per cento di tre mesi fa), un 1,3 per cento sul 2018 (dal precedente 1,6 per cento), e un 1,6 per cento nel 2019, a fronte dell’1,7 per cento indicato nelle stime di marzo. Da rilevare che soprattutto la stima sul 2018 appare lontana dall’obbiettivo ufficiale della Bce, che definisce il concetto di “stabilità dei prezzi”, che è il suo obiettivo, con un caro vita inferiore ma vicino al 2 per cento. Il Consiglio ritiene che senza il sostegno monetario l’inflazione, i cui dati di fondo sono fermi a livelli deboli “da anni”, non sia in grado di autosostenersi. La Bce ha ribadito la necessità di “un livello molto consistente” di stimoli e i banchieri centrali hanno espresso “fiducia su forza e potenza” del piano di acquisti di titoli. “Non ci sono stati dissensi e non si è votato”. Le proposte sul tavolo sono state quindi approvate per consensus (mancanza di obiezioni) e non si è discusso di tapering o di normalizzazione della politica monetaria, ha riferito ancora Draghi.

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Scarse le reazioni sui mercati, in assenza appunto di sviluppi clamorosi, mentre l’euro, dopo una certa volatilità nella fase in cui Draghi parlava, in cui è brevemente sceso fin sotto 1,12 dollari, si è poi stabilizzato in moderazione a 1,1218 dollari. Per ora non si cambia rotta ma è un fatto che il quadro economico sia migliorato, che la crescita potrebbe risulotare superiore al previsto e che prima o poi una manovra restrittiva ci sarà. Su questo il capo della Bce è stato interpellato sulla possibilità che Paesi ad alto debito, come l’Italia, possano risentire dei rialzi dei tassi. Ricordando che il mandato della Bce è quello di garantire la stabilità dei prezzi, non di facilitare le condizioni di finanziamento degli Stati, Draghi ha convenuto che “certamente i Paesi che hanno una debole posizione di bilancio, bassa crescita e poche riforme strutturali effettuate saranno più esposti. La cosa più importante – ha aggiunto – è resuscitare la crescita”. Sul caso Banco Popular si è invece limitato a esprimere soddisfazione per la tempestività di azione della Vigilanza Bce e ha lasciato parlare il vicepresidente, Vitor Constancio. A innescare la decisione di risolvere la banca, ha spiegato quest’ultimo “sono stati i problemi di liquidità. E ci stava un bank run”, una corsa agli sportelli.

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