Italia al palo: produzione industriale, 2019 nero

10 febbraio 2020

L’Italia è al palo. Lo sviluppo continua a essere intrappolato tra le sabbie mobili. E dal governo Conte 2 non traspare alcun segnale di svolta. Uno scenario certificato dall’ultima rilevazione dell’Istat che parla di una produzione industriale 2019 tornata a scendere. L’Istat ha stimato un calo in media dell’1,3% rispetto al 2018, quando si era registrata una crescita dello 0,6%. Si tratta della prima diminuzione dal 2014. Tra i principali raggruppamenti di industrie, la flessione è stata più marcata per i beni intermedi, meno forte per i beni strumentali. Un lieve incremento ha caratterizzato, invece, la produzione di beni di consumo e di energia. Pesante il calo nell’ultimo mese, a dicembre 2019: – 2,7% rispetto a novembre, mentre per l’indice corretto per gli effetti di calendario si stima una flessione, in termini tendenziali, del 4,3%. I soli settori che hanno registrato incrementi tendenziali sono stati la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+5,3%), l’industria alimentare, bevande e tabacco (+2,9%). Profondo rosso, invece, lo scorso anno per la produzione industriale di autoveicoli: -13,9%. E’ la diminuzione più forte dal 2012 ha rilevato l’Istituto di statistica.

CALANO ANCHE LE VACANZE

Nel 2019, i viaggi con pernottamento effettuati dai residenti in Italia sono stati 71 milioni e 883 mila, per un totale di 411 milioni e 155 mila pernottamenti, in flessione dell’8,8% sull’anno precedente. S’interrompe la ripresa iniziata nel 2016. In calo sia le vacanze (-8,4%) sia i viaggi di lavoro (-12%). E’ quanto emerge dal report Istat “Viaggi e vacanze in Italia e all’estero, anno 2019”. I viaggi per motivi di vacanza sono circa l’89% del totale, quelli per motivi di lavoro circa l’11%. Il 93,4% dei pernottamenti è dedicato alle vacanze (6,6% ai viaggi di lavoro). Il 49% dei viaggi e il 79,6% delle notti trascorse in viaggio riguardano vacanze “lunghe” (4 o più notti). La domanda di turismo dei residenti diminuisce (-8,8% rispetto al 2018), dopo la rilevante crescita dell’anno precedente. La tendenza positiva, rappresentata nel triennio 2016-2018 da un incremento rispetto al 2015 di circa 21 milioni di viaggi e 91 milioni di notti, subisce così un parziale arretramento, ma il numero di viaggi e di notti rimane ancora sopra i livelli registrati nel 2017. Nel 2019, le vacanze diminuiscono dell’8,4% e i viaggi di lavoro che nel 2018 avevano mostrato una crescita dopo dieci anni di andamento negativo, continuano a ridursi (-12%). Il decremento è maggiore per le vacanze brevi (-13,0% rispetto al 2018) mentre è meno consistente per le vacanze lunghe (-4,0%), che si mantengono oltre i 35 milioni.

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I pernottamenti subiscono un calo (circa il 5%) più accentuato per i viaggi di lavoro (-24,0%) i cui pernottamenti si attestano sui 26,9 milioni, contro i 35,5 milioni del 2018. Diminuiscono anche le notti trascorse in vacanza (-3,4%), trainate al ribasso dal calo di quelle per vacanze brevi (-10,4%) mentre i pernottamenti per vacanza lunga si mantengono sostanzialmente stabili. Di contro aumenta leggermente la durata media dei viaggi che si attesta a 5,7 notti, (6 per le vacanze). La durata media dei viaggi di lavoro scende invece a 3,5 notti (erano 4 nel 2018). Le vacanze lunghe continuano a prevalere (54,9% delle vacanze) su quelle brevi (45,1%), la maggior parte ha una durata compresa tra 4 e 7 notti (57,4%). Tra i viaggi di lavoro, si confermano prevalenti (17,0%) quelli svolti per partecipare a riunioni d’affari, pur diminuendo di circa il 26% rispetto al 2018. Il 16,4% dei viaggi di lavoro è dedicato a congressi, convegni o ad altri eventi, il 12,5% alle attività di rappresentanza, vendita, installazione o simili e il 10,7% alle missioni di lavoro. Nel 2019, queste quattro motivazioni spiegano oltre la metà dei viaggi per motivi professionali.

UFFICIO PARLAMENTARE DEL BILANCIO

La “brusca e inattesa” frenata registrata dall`economia italiana nell`ultimo scorcio del 2019 proietta i suoi “riflessi negativi” sulle prospettive per l`anno in corso. Secondo la Nota sulla congiuntura di febbraio dell’Ufficio parlamentare del bilancio, la crescita “è destinata a restare modesta, compressa dalla debolezza del contesto internazionale e soggetta a una diffusa incertezza”. In particolare, per quest’anno l’Upb taglia la stima di crescita del Pil allo 0,2% (0,1 per cento al netto della correzione per i giorni lavorativi). Secondo l’Upb, inoltre, si “prospettano diversi fattori di rischio, vecchi e nuovi”. I modelli di previsione di breve periodo dell`UPB stimano che nel trimestre in corso il Pil “non recupererebbe il netto calo del periodo precedente”. L`attività economica riprenderebbe vigore nei trimestri successivi, sostenuta dal lento recupero della domanda interna, l’apporto alla crescita del commercio estero nel suo complesso sarebbe invece molto modesto.

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“L`esercizio previsivo – spiega l’Upb – differisce da quelli svolti dall`UPB al fine di validare i quadri macroeconomici del MEF, per renderlo più direttamente confrontabile con gli scenari predisposti dalle principali organizzazioni internazionali e nazionali”. In particolare, prosegue l’Ufficio parlamentare del Bilancio, “la previsione di base per il 2021 non include l`incremento delle imposte indirette previsto nelle clausole di salvaguardia e non considera misure alternative di copertura finanziaria, sotto tali ipotesi l`anno prossimo il Pil aumenterebbe allo 0,7 per cento. Nel caso di attivazione delle clausole di salvaguardia si stima che la crescita del Pil dell`anno prossimo verrebbe intaccata tra uno e tre decimi di punto percentuale a seconda dell`assunzione sul grado di traslazione dell`IVA sui prezzi”.

L’Ubp spiega che se nei primi tre trimestri dello scorso anno l`economia italiana ha registrato una crescita congiunturale appena positiva, nell`ultima parte dell`anno le stime preliminari dell`Istat hanno rilevato una flessione tanto marcata (-0,3 per cento in termini congiunturale) quanto inattesa. Questa battuta d`arresto – comune anche se in misura differente al resto dell`area dell`euro e attribuibile alla contrazione dell`industria, dell`edilizia e dell`agricoltura – non ha inciso tanto sui risultati del 2019, chiuso con una crescita del Pil dello 0,2 percento (0,8 per cento nel 2018) quanto sull`eredità per l`anno in corso: il trascinamento statistico risulterebbe infatti negativo per 0,2 punti percentuali.

Gli indicatori congiunturali più recenti non sembrano peraltro indicare un mutamento di clima. Nel quarto trimestre la produzione industriale si è ridotta in misura molto marcata (-1,4 per cento rispetto ai tre mesi precedenti), similmente a quanto accaduto in Germania. L`incertezza di famiglie e imprese continua ad aggravarsi come rileva l`indice UPB che, pur mantenendosi al di sotto dei massimi del biennio 2013-14, nella parte finale del 2019 è ulteriormente aumentato, soprattutto con riferimento alle componenti relative alle costruzioni e alla manifattura. Gli indicatori sintetici del ciclo economico sono coerenti nel segnalare una sostanziale stasi dell`attività produttiva.

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LA POLITICA

Il Partito Democratico è più che consapevole che l’Italia non decolla. E così il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci fa un appello “a tutta la maggioranza” affinché “la nostra attenzione sia rivolta esclusivamente all’economia, alla crescita del Paese, alla semplificazione, al sostegno verso chi produce lavoro. I dati dell’Istat ci dicono che nel 2019 la produzione italiana va particolarmente male. Questo deve essere il nostro assillo quotidiano – ha detto Marcucci – risolviamo i battibecchi, basta con le accuse e le controaccuse, questo Governo è nato in estate per dare un’opportunità al Paese, per fare di tutto affinchè l’Italia esca dalla crisi”.

Dall’opposizione è arrivato l’affondo di Mara Carfagna, deputata di Forza Italia. “I dati pubblicati oggi dall`Istat confermano la mancanza di una politica industriale all`altezza di un Paese del G7 – ha detto la vicepresidente della Camera -. In Italia la produzione continua a diminuire e le prospettive per il futuro restano opache, a causa di un governo incapace di offrire una strategia di crescita adeguata”. “Gli operai – ha spiegato Carfagna – ci hanno raccontato la storia della loro azienda e ci hanno chiesto di mantenere alta l`attenzione. La crisi che li ha investiti non è finita, nonostante quanto voglia far credere il ministro Patuanelli. Il governo e tutte le istituzioni devono accertarsi che l`azienda mantenga le promesse, riportando in Italia le produzioni attualmente affidate a impianti all`estero. Non possono abbandonare questi lavoratori, in gioco c`è il futuro di centinaia di famiglie”.

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