Miracolo Rigopiano: una decina in salvo, 4 sono bimbi. All’appello una ventina di persone

Miracolo Rigopiano: una decina in salvo, 4 sono bimbi. All’appello una ventina di persone
21 gennaio 2017

Sarebbero ancora una ventina le persone che si pensa siano disperse nell’hotel Rigopiano, a Farindola, andato distrutto dopo essere stato investito mercoledi’ pomeriggio da una slavina dall’ampio fronte. A riferirlo sono soccorritori, sulla base delle indicazioni finora venute da congiunti di persone – tra dipendenti e clienti – che erano all’interno del resort. Un numero che in qualche modo sembra tornare con quello indicato ieri pomeriggio dal capo del Dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, che aveva parlato complessivamente di una trentina di persone. Considerando infatti che cinque (quattro bambini e una donna) sono state recuperate sane e salve e che altre cinque (due donne e tre uomini) sono state individuate e si sta lavorando per tirarle fuori, ecco arrivare a una ventina – piu’ o meno – quelle che mancano all’appello, ovvero di cui non si sa ancora nulla. Anche se i soccorritori non disperano, anzi qualcuno di loro si dice ottimista sull’esito di questa drammatica corsa contro il tempo.

IL MIRACOLO Che il miracolo di Rigopiano ha il volto dei bambini, non c’è dubbio. Quattro ne hanno salvati, quasi 48 ore dopo che una slavina con un fronte di 300 metri ha sommerso il loro hotel sotto 5 metri di neve. Ha il volto di Gianfilippo e Ludovica, i figli di Giampiero Parente. Giovedì era un uomo senza futuro, il cuoco salvo per puro caso, piegato e distrutto da qualcosa troppo grande da sopportare, sopravvivere alla morte di moglie e figli, tutti insieme. E da ieri è un signore felice davvero, di quella felicità che solo chi ha toccato il fondo del dolore può conoscere. E ha il volto di Edoardo e Samuel, uniti da un identico destino: uscire dall’incubo e trovarsi ancora impauriti in un letto d’ospedale, senza mamma e papà accanto a coccolarti. Tornare a vivere e non sapere se ci saranno ancora, mamma e papà. Sia dei genitori di Samuel, il poliziotto Domenico Michelangelo e Marina Serraiocco, sia di quelli di Edoardo, Sebastiano Di Carlo, il pizzettaio di Loreto Aprutino e sua moglie Nadia, ancora non si sa nulla. “Cosa è successo? – ha chiesto spaesato agli uomini del soccorso alpino Edoardo – quanto tempo è passato? Stavo giocando a biliardo”. E come glielo spieghi, ad un bambino, quel che è successo? Ma il miracolo del Rigopiano ha anche il sapore della vita. Quella vera. Che è più forte di tutto e malgrado tutto. E a volte spesso sorprende, stupisce. Perché i sopravvissuti a quell’inferno sono almeno dieci. Dieci vite che hanno sconfitto quell’inferno bianco. Come hanno fatto? Chi lo sa. Davvero nessuno ha la risposta giusta.

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IN ATTESA DI ESSERE LIBERATI Il primo gruppo di sei sopravvissuti che i soccorritori hanno individuato era in quella parte dell’hotel che, prima di tutto questo, era la ‘zona ricreativa’, con il bar e la sala biliardo. Quando tutto è crollato, lì si è creata una sacca d’ossigeno. E c’era anche qualcosa da mangiare e bere. Così ce l’hanno fatta, stando uno accanto all’altro per ripararsi dal freddo. I cinque metri di neve sopra le loro teste hanno fatto il resto, isolando dalle temperature sotto zero all’esterno della stanza. Quattro sono ancora lì dentro, incastrati dietro macerie e pilasti, in attesa di essere liberati. E un quinto e a poca distanza. Sono Stefano Feniello e Francesca Bronzi, i due fidanzati, Giorgia Galassi, Giampaolo Matrone e Vincenzo Forti. Era stata Adriana, la moglie di Giampiero Parente, ad indicare dove fossero gli altri ragazzini. Lei è stata estratta subito dopo il piccolo Gianfilippo. Quando ha visto i soccorritori, i suoi angeli, gli occhi le si sono velati. “Non ci credevamo più, non ci speravamo più”. Poi è tornata madre. “Andate là, andate là, c’è una stanza, c’è mia figlia, dovete riportamela vi prego”, un braccio proteso verso quell’albergo maledetto, combattuta tra tornare la dentro per aspettare anche Ludovica o stare vicino a Gianfilippo. Era da ieri sera che i soccorritori avevano cominciato a sperare. I volti di chi scendeva nel pomeriggio non lasciavano presagire nulla di buono. “Non c’è più niente, è difficilissimo”.

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IL FIUTO DEI CANI Poi qualcosa è cambiato. I cani. I cani hanno fiutato qualcosa in alcune zone. “Finalmente avevamo delle ipotesi di lavoro – dice uno di quelli che ha operato lassù – e stamattina le abbiamo portate avanti. Più ci avvicinavamo e più i segnali diventavano chiari fin quando, a forza di battere, abbiamo sentito chiaramente la risposta arrivare da sotto”. Cosa sia successo in quei momenti tra tutti i soccorritori lo raccontano il volto e i gesti di Marco Piergallini. Il vigile del fuoco stava parlando con qualche cronista all’ultimo bivio prima dell’inizio della strada per l’hotel. “E’ un’operazione non facile – diceva, raccontando le ricerche dei dispersi, di cui ancora non c’era traccia – per i possibili crolli e per l’enorme quantità di neve. Stiamo lavorando a mano perché con i mezzi pesanti rischieremmo di passare in punti dove potrebbero esserci le persone”. Squilla il telefono. “Scusate”. Marco si allontana. Pochi istanti e gli occhi cominciano a brillare, ma il telefono prende male.

VENTI ALL’APPELLO “La radio, la radio, accendi la radio”. Le mani di Marco tremano per l’emozione. “Via via, liberate la strada, devono passare le ambulanze, subito”. Marco risale in macchina, il collega parte sgommando verso la montagna. I pompieri sono entrati nell’albergo da una botola che stava su quello che era il tetto di cemento e che ora è sotto metri di neve. Da lì le squadre hanno iniziato a togliere pezzi di cemento crollati e puntellare i solai, per mettere in sicurezza la struttura. Da lì, da quel buco, sono usciti i quattro bimbi e Adriana. E da lì usciranno anche gli altri cinque già individuati. E tutti gli altri. Ora in molti sperano, ci credono. Ma i dispersi sono tanti, ancora tanti. Almeno una ventina. Come Linda, che lavorava al centro benessere ed è la sorella di Fabio Salzetta che invece si è salvato. Ieri il ragazzo andava in giro con una sua foto che mostrava ai pompieri. “Cercatela lì, dietro la nicchia. Era lì quando l’ho lasciata”. La cercheranno, ancora. Come faranno con tutti gli altri. Gli unici, che nessuno cerca più, sono Alessandro Giancaterino e Gabriele D’Angelo. Gente di questi posti, uno di Farindola l’altro di Penne. Erano il maitre e uno dei camerieri e per loro non c’è stato nessun miracolo al Rigopiano.

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