Direzione Pd, poi via a corsa al dopo Renzi

Direzione Pd, poi via a corsa al dopo Renzi
Maurizio Martina (s) e Matteo Renzi
12 marzo 2018

Sarà una strana direzione del Pd quella di oggi, con al centro le dimissioni del segretario Matteo Renzi, che però (salvo sorprese dell’ultima ora) non ci sarà. “Tornerò all’assemblea, e li spiegherò le mie ragioni”, ha detto a chi ci ha parlato in questi giorni. Dunque cosa succederà nella seduta di oggi pomeriggio al Nazareno? In apertura il presidente Matteo Orfini leggerà la lettera di dimissioni che ha detto di aver ricevuto già il 5 marzo. “È una lettera molto semplice, dove si prende atto del risultato e si rassegnano le dimissioni”, ha spiegato. Poi Maurizio Martina, vice segretario, terrà la sua relazione, su cui ci sarà il dibattito. E si vedrà se le correnti andranno all’attacco o rimanderanno l’offensiva finale contro il segretario dimissionario e i suoi. Quindi lo stesso Martina dovrebbe essere incaricato (affiancato da un organo “collegiale”) di condurre il partito prima dell’assemblea, che si terrà prima del 5 aprile, come assicurato dal presidente del partito Matteo Orfini. Quello sarà l’appuntamento cruciale per capire se il Pd supererà o meno il renzismo. L’orientamento attuale è quello di non celebrare un vero e proprio congresso con le primarie, ma di nominare un segretario-reggente, come fu per Guglielmo Epifani, che restò in carica un anno dopo le dimissioni di Pierluigi Bersani. “Personalmente – ha spiegato Orfini – non penso che convocare le primarie tra tre mesi sarebbe la soluzione migliore perché torneremmo a discutere di nomi e non delle ragioni della sconfitta”.

Leggi anche:
La questione delle classi scolastiche italiane: integrazione o separazione?

Candidati ufficiali al momento non ce ne sono, ma quelli accreditati di una possibilità sono già molti. Il presidente del Lazio Nicola Zingaretti potrebbe raccogliere un vasto consenso, ma non subito (vista la recente rielezione), piuttosto quando saranno convocate le primarie, tra almeno un anno. Un punto di convergenza potrebbe essere rappresentato dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, un “diversamente-renziano”, cattolico, già sindaco, che potrebbe mettere d’accordo varie componenti. Tra i nomi che circolano ci sono poi quelli dello stesso Martina, di Michele Emiliano (che ha ottenuto il 10% alle scorse primarie), di Carlo Calenda, anche se il diretto interessato nega ma chiede di “riattivare le iscrizioni e renderle più semplici”. Ma la corsa alla segreteria, per quanto già partita in modo sotterraneo, si giocherà a cominciare da domani e comunque dovrà partire dai numeri. L’assemblea è a maggioranza renziana, e se i sostenitori dell’ex premier si dicono certi di poterla conservare, gli avversari sono al lavoro per il “ribaltone”. Ma certo non sarebbe facile eleggere un segretario reggente “contro” Renzi, che pur avendo fatto un passo indietro non intende farsi processare e condannare come unico responsabile della sconfitta. 

Leggi anche:
Europee, Calenda: difficile fare lista con Cuffaro Mastella e Cesaro

Per questo, anche lontano da Roma, è in stretto contatto con i suoi fedelissimi, che hanno però smentito la notizia di un ‘summit di renziani’. E’ “totalmente falsa”, hanno scritto in una nota congiunta la sottosegretaria Maria Elena Boschi, il ministro Luca Lotti e il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi. Intanto, nel Pd prosegue il dibattito interno su una eventuale alleanza di governo. Per Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, il Pd deve dare un “appoggio esterno” a un governo del M5s: “Non ha i numeri, gli si daranno i voti per farli governare e si condivideranno quei punti che sarà possibile condividere”. Prospettiva che viene nuovamente respinta da Matteo Orfini. Per il presidente Dem un’alleanza con il M5s è “contro natura” e “qualora dovessimo sostenere un governo con il Movimento 5 Stelle sarebbe la fine del Pd”. Invece le presidenze di Camera e Senato ad esponenti di Lega e Movimento 5 Stelle sarebbe un fatto “legittimo: hanno vinto le elezioni; penso che sarà la base per costruire un governo insieme”. “Il Pd non voterà mai per un esecutivo Di Maio”, è la netta chiusura del senatore renziano Andrea Marcucci.

Leggi anche:
Elly Schlein lavora a liste, tensione ipotesi Tarquinio

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti