Pensioni e reddito di cittadinanza, Di Maio insiste. “Se elimini miseria finisce voto di scambio”

Pensioni e reddito di cittadinanza, Di Maio insiste. “Se elimini miseria finisce voto di scambio”
Il capo politico del M5s, Luigi Di Maio
5 febbraio 2018

Promette pensioni minime di almeno 780 euro e reddito di cittadinanza, perche’ “se elimini la miseria in Italia, finisce il voto di scambio”. I soldi ci sono e si possono trovare – servono almeno 30 miliardi di euro – con la spending review, assicura il candidato premier del M5s Luigi Di Maio nell’ultima tappa del suo “rally” elettorale in Sardegna, dove per due giorni, da sud a nord passando per il centro dell’isola, ha fatto un ininterrotto bagno di folla, tra un attacco e l’altro al segretario del Pd Matteo Renzi e al leader di Fi Silvio Berlusconi. A entrambi il vicepresidente della Camera rinfaccia di aver candidato “un branco di impresentabili” e fa nomi e cognomi a conclusione dei suoi comizi. A Renzi, che gli chiede di rinunciare all’immunita’ parlamentare per rispondere in tribunale alle sue affermazioni, il parlamentare pentastellato risponde: “Vi ho sempre rinunciato”. E poi rilancia: “I paladini del voto di scambio, della corruzione, dei rapporti con le organizzazioni criminali, degli appalti truccati non solo vengono candidati, ma anche nelle posizioni di favore. Su questi signori voglio fare due proposte: abbiamo liste di incensurati, lo prevede il nostro regolamento, e abbiamo anche predisposto un modulo per far ritirare dalle nostre liste qualcuno che durante questa campagna elettorale potrebbe esserci scappato”, dice Di Maio, in riferimento al caso Emanuele Dessi’ nel Lazio. “Questo modulo l’ho messo a disposizione di Berlusconi e di Renzi: se vogliono, se tengono ancora al futuro del Paese, possono prenderlo e farlo compilare a tutti i personaggi che si sono messi nelle liste e tenerli fuori. Se non vogliono, perche’ hanno bisogno dei loro voti, delle clientele che fanno questi signori, lo dicano agli italiani”. Di Maio batte piu’ volte sul tasto dell’immigrazione dicendosi “sconvolto dall’intervista di ieri di Berlusconi che diceva che il problema dei migranti e’ una bomba sociale”. E paragona il leader di Fi alla regina delle televendite: “Berlusconi sono anni che promette cose agli italiani e poi tira il pacco, proprio come faceva Vanna Marchi”. “Scoprite ora che la questione e’ una bomba sociale? Proprio voi, Berlusconi e Renzi, che avete nei vostri partiti le persone che hanno fatto il business sul Cara di Mineo, sui centri di accoglienza di mafia capitale, sui campi rom di mafia capitale?” attacca il leader M5s.

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“La vera bomba sociale l’hanno creata loro, che ora vogliono passare per i salvatori della patria”, accusa Di Maio per poi sintetizzare come il M5s intende affrontare la questione dei flussi migratori: “Chi viene qui non viene in Italia, viene nell’Unione europea. Quindi, chi viene qui dev’essere subito redistribuito per quote negli altri Paesi, in attesa di capire se puo’ restare. I Paesi dell’Est Europa, che in questo momento stanno dicendo che non vogliono i migranti, dovrebbero sapere che stanno prendendo fondi europei in misura maggiore di quanto danno. Facciamo un patto: o voi prendete i migranti o noi non vi diamo piu’ i soldi europei. Vuol dire che quei soldi li usiamo noi per aiutare gli italiani a gestire il problema. Terzo punto: avete speso 5 miliardi di euro di tasse per l’accoglienza. Saremmo tutti piu’ felici di spenderli per cooperazione e sviluppo per migliorare le condizioni nei Paesi di provenienze, coi quali, pero’ facciamo dei trattati per rimandare i migranti economici che qui non possono stare”. A Olbia e Sassari, dopo le tappe di ieri a Cagliari, Carbonia e Nuoro, Di Maio ha riassunto quella che ha definito la “sfida” del movimento: “Coi nostri 20 punti per la qualita’ della vita degli italiani, vorrei ambire a farvi percepire il cambiamento in meglio nelle cose di tutti i giorni”. I soldi che i pentastellati intendono recuperare con la spending review, “vanno reinvestiti in pensioni, lavoro, sanita’, famiglia, scuola (non va riformata ma finanziata), infrastrutture. Sono cose che non fanno parte di uno slogan mio, ma si trovano negli studi fatti dai commissari della spending review in questi anni. Ho smesso di contare quelli che sono passati da Palazzo Chigi. Quando dicevano che per cominciare bisognava ridurre le 8mila partecipate, il presidente del Consiglio, invece, che eliminare gli enti inutili mandava a casa il commissario”.

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