“Petite Messe Solennelle”, l’ultimo capolavoro di Rossini al Teatro Massimo di Palermo

“Petite Messe Solennelle”, l’ultimo capolavoro di Rossini al Teatro Massimo di Palermo
9 aprile 2016

di Carlalberto Mineo

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Teresa Iervolino

Il testamento artistico di Giacchino Rossini, l’ultima sua grande composizione, realizzata nel 1863 ed eseguita per la prima volta nel 1864, è la Petite Messe Solennelle, in programma al Teatro Massimo di Palermo lunedì 11 aprile alle 20. 30 per la stagione sinfonica. Sul podio Pietro Monti, direttore del Coro del Teatro Massimo di Palermo. Nel cast, la soprano Mariangela Sicilia, la contralto Teresa Iervolino, il tenore Giorgio Misseri, Gianluca Margheri al basso, Giuseppe Cinà al primo pianoforte e Giacomo Gati al secondo, all’armonium Salvatore Punturo e il coro del Teatro Massimo. La Petite Messe Solennelle prevedeva originariamente solo un organico di quattro solisti, un coro, due pianoforti e un armonium.  Ma Rossini ne realizzò poi anche una versione per orchestra, che fu eseguita per la prima volta dopo la sua morte. Sebbene quest’ultima sia la più conosciuta, quella, invece, preferita dallo stesso maestro era proprio la versione da camera, con i due pianoforti e l’armonium.

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Giorgio Misseri

Una scelta che prefigura il gusto del Novecento per gli ensemble ridotti. Esempi saranno Schönberg che farà, infatti, ricorso diverse volte all’insieme pianoforte e armonium, e così anche Stravinsky che per Les Noces utilizzerà una formazione da camera centrata appunto sul pianoforte. Nel 1829 Rossini decise di sottrarsi a un mondo oramai caratterizzato da rivalità e maldicenze e smise di scrivere per il teatro. Ma dal 1857 fino a poco prima della morte, avvenuta nel 1868, avrebbe dato alla luce quattordici album di Péchés de vieillesse, “peccati di vecchiaia”. Si tratta di composizioni per pianoforte solo o per voce e pianoforte. Un Rossini, dunque, ben diverso da quello delle sinfonie orchestrali, il Rossini che è anche quello della Petite Messe Solennelle. Su quest’ultima, vi è anche un curioso aneddoto. Quando Rossini scrisse la messa, nelle chiese cattoliche vigeva ancora la proibizione alle donne di esibirsi. Il compositore, per ovviare a tale problema vista la presenza di voci femminili nell’opera, da un lato tentò di rendere possibile l’esecuzione in chiesa inserendo tra gli esecutori i castrati, ormai anacronistici, dall’altra tentò vari interventi presso il Papa, coinvolgendo anche Liszt, per ottenere la rimozione della proibizione. La Petite Messe Solennelle è un’opera ricca di contraddizioni fin dal titolo. Così da titolo l’opera, difatti, la si può definire con due termini a primo impatto tra loro in opposizione: piccola ma anche solenne. Piccola per il ristretto organico cui fa ricorso. Solenne perché, oltre ad esser ricca di riferimenti ai grandi maestri del passato (da Palestrina a Bach ed Händel, fino a Mendelssohn), mette in musica non solo le cinque parti essenziali dell’ordinario della messa (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei) ma anche l’Offertorio e l’O Salutaris, che Rossini riprende dall’undicesimo album dei Péchés de vieillesse.

 

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