Riforma banche, Piazza Affari apre il dossier sulle banche popolari

Riforma banche, Piazza Affari apre il dossier sulle banche popolari
19 gennaio 2015

Piazza Affari apre il dossier sulle banche popolari dopo l’annuncio del premier Matteo Renzi ai senatori del Pd sul provvedimento “investment compact” che conterrebbe una serie di interventi sul sistema bancario e in particolare una riforma sulle banche popolari e credito cooperativo. Secondo indiscrezioni il governo abolirebbe il voto capitario, caratteristico nel sistema delle popolari. La regola secondo la quale ogni socio è titolare di un singolo voto a prescindere dal numero di azioni possedute o rappresentate.

Cancellare il voto capitario aprirebbe le porte a un nuovo risiko bancario che porterebbe a un ridisegno degli assetti del panorama delle popolari e del credito cooperativo. Immemdiata la reazione a Piazza Affari con gli investitori che guardano con grande interesse alla riforma delle banche popolari. Già dall’avvio delle contrattazioni i titoli del settore sotto i riflettori con una ondata di acquisti e una raffica di sospensioni per eccesso di rialzo. Il bilancio a fine giornata vede Bpm con un balzo di quasi il 15%, Ubi Banca +9,70%, progressi oltre l’8% per Bper e Banco Popolare.

L’ondata di acquisti ha interessato anche i titoli di istituti minori come Popolare Sondrio e Popolare Etruria con rialzi dell’8%. La riforma delle banche popolari negli ultimi anni ha visto diversi tentativi che non hanno portato a un profondo cambiamento come la trasformazione in spa del settore cooperativo e la cancellazione del voto capitario adeguando le popolari alle altre società quotate e non dove nelle assemblee degli azionisti si vota sulla base delle azioni possedute. Anche per effetto delle innovazioni normative a livello comunitario, più recentemente c’è stato qualche cambiamento nel panorama delle banche popolari su iniziativa della Banca d’Italia che l’anno scorso ha varato le norme di riforma della governance delle banche comprendendo anche le popolari.

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Ogni volta che si parla di riforma del settore delle banche popolari e del credito cooperativo sono assicurate le polemiche a livello politico. L’intenzione del premier Renzi di riformare il settore ha già provocato reazioni negative nell’opposizione e in alcuni pezzi del parlamento che sostengono la maggioranza nonché del sindacato di categoria. Anche l’anno scorso le norme varate da Bankitalia per un sistema di governance più rigoroso avevano sollevato critiche e polemiche. Lo stesso governatore Ignazio Visco aveva risposto a una lettera firmata da un folto gruppo di parlamentari bipartisan che criticavano le norme. Il governatore sottolineava comunque che “in nessun caso le disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia si pongono in contrasto con i principi fondanti del sistema cooperativo quali il voto capitario e i limiti al possesso azionario e con il quadro normativo primario”.

Nelle considerazioni finali del maggio scorso, il governatore Visco mostrava apprezzamento per le “innovazioni introdotte negli statuti” delle popolari che pur non intaccando il principio del voto paritario incentivano la partecipazione dei soci alle assemblee, accrescono la dialettica interna e favoriscono la rccolta di capitali di rischio. Diversi osservatori rilevarono che si trattava di una tregua. E della trasformazione in spa e cancellazione del voto capitario non si sarebbe più parlato. Ma poi è arrivato l’annuncio di Matteo Renzi.

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