Pompei, la storia di ordinaria emergenza si ripete

4 marzo 2014

I nuovi crolli registrati a Pompei purtroppo non stupiscono, né giungono inattesi: dopo un susseguirsi di dichiarazioni che invocavano interventi urgenti, poco è cambiato e molto si continua a perdere di questo inestimabile patrimonio.

Cambiano i volti, cambiano i nomi, ma la storia di degrado e di abbandono di Pompei, uno dei siti culturali italiani più apprezzati all’estero, non cambia mai. Il maltempo nel fine settimana ha provocato nuovi crolli all’interno dell’area archeologica di Pompei e, puntuali, sono giunte le affermazioni del neo Ministro della Cultura del governo Renzi, Dario Franceschini: “Bisogna agire senza perdere neanche un minuto”.

Agire. Quante volte abbiamo sentito “affermazioni d’urgenza”in questi ultimi anni? Troppe. Ad aprire le danze nel 2010 è stato l’allora Ministro della Cultura, Sandro Bondi. In seguito ai primi crolli che hanno interessato l’area, Bondi in aperta polemica con le soprintendenze ritenute incapaci di gestire le risorse, propone un piano straordinario per la manutenzione del sito. Il valzer delle promesse prosegue con Gianfranco Galan, che nell’aprile 2011 afferma: “la cura per Pompei comincia da domani”. La ricetta? Un finanziamento di circa 105 milioni di euro da parte dell’Unione Europea per il restauro “preventivo” delle cinque Domus del sito archeologico. Iniziati a gennaio 2013, i lavori procedono con lentezza tra burocrazia, ricorsi e indagini per infiltrazioni mafiose e, a distanza di un anno di restauri, si giunge alla riapertura della Casa degli Amorini Dorati, salvo poi sopravvenire l’out-out dell’Unesco per carenze strutturali. Il31 dicembre è la data ultima concessa al governo per intervenire.

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Ma a quale governo? Nuovi volti e giri di sala (e di poltrona) si sono nel frattempo susseguiti. Nell’aprile 2013, a presiedere il Ministero della Cultura del neo-governo Letta è Bray. Intervistato da la Repubblica, Bray afferma: “Pompei deve rinascere” e alle parole fa seguito il tanto discusso decreto “Valore Cultura”, nel quale si prevede l’istituzione di un direttore generale con poteri straordinari per portare a termine il Grande Progetto Pompei. L’incentivo economico per questo arduo compito? Fino a 100mila euro in più rispetto al precedente trattamento con un tetto di 300mila euro, come rileva Antonio Galdo in “Non Sprecare”.

Tante parole, ma pochi interventi concreti e con 5 cantieri aperti su 39 da ultimare entro il 2015, con 105 milioni di euro dell’UE a disposizione permane una condizione di ordinaria emergenza. Senza contare la precarietà della stessa manutenzione ordinariacon le gare d’appalto in materia di servizi aggiuntivi ormai bloccate da tempo e il più ampio tema del coinvolgimento dei privati nella gestione del sito, più volte paventato ma mai concretizzatosi. Viste le premesse e le tante promesse, dunque, perché dovremmo credere che questa sia #lavoltabuona? Perché dovremmo credere che con l’avvento di Franceschini le sorti di Pompei cambieranno, quando di fatto l’apparato dirigenziale e amministrativo nel corso di questi 4 anni è rimasto invariato? Attendiamo e speriamo di smentirci.www.tafter.it

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