Processo Ruby arriva in Cassazione: per Berlusconi il giorno del giudizio

Processo Ruby arriva in Cassazione: per Berlusconi il giorno del giudizio
10 marzo 2015

Il processo Ruby approda in Cassazione. Per Silvio Berlusconi si prospetta una sorta di giorno del giudizio. Ancora una volta una sentenza di un Tribunale avrà ripercussioni sugli assetti politici del Paese. E ancora una volta il destino dell’uomo che per oltre 20 anni è stato protagonista dello scenario politico italiano appare legato con un filo diretto all’esito di una vicenda giudiziaria. L’udienza Ruby è stata assegnata ai giudici della Sesta Sezione Penale della Cassazione. Presidente del collegio è Nicola Milo, giudice relatore Orlando Villoni. Due giudici specializzati nei reati contro la Pubblica Amministrazione, ma anche – sottolineano i ben informati – vicini alle posizioni di Md, la corrente più a sinistra della magistratura, quella – almeno sulla carta – più “ostile” a Berlusconi. Le prime cause saranno trattate in mattinata, l’udienza di Berlusconi è la numero 4 in calendario. Il verdetto, insomma, potrebbe arrivare già in serata, al più tardi nei giorni immediatamente successivi. Tre gli scenari possibili. La conferma dell’assoluzione incassata in appello sarebbe la soluzione più favorevole per Berlusconi.CAV

CAV CONSAPEVOLE Ma i giudici in ermellino potrebbero anche emettere una sentenza di annullamento con rinvio per entrambi i capi di imputazione (concussione e prostituzione minorile) o soltanto per uno di loro. In entrambi questi casi, il processo Ruby tornerebbe a Milano per un appello-bis, con Berlusconi di nuovo costretto a sedere sul banco degli imputati. Impossibile azzardare pronostici soprattutto alla luce dei trascorsi processuali che aumentano le incognite della vigilia. Il processo di primo grado si era chiuso con una condanna pesante: 7 anni di carcere, un anno in più rispetto alla richiesta formulata da pm Ilda Boccassini. Per il collegio presieduto da Giulia Turri, Berlusconi era consapevole della minore età di Ruby. Ed è proprio per questo che, una volta saputo che la minorenne marocchina era stata fermata a Milano per un piccolo furto, l’ex premier avrebbe alzato la cornetta e contattato più alti funzionari della Questura di Milano: per convincerli, abusando del suo ruolo di capo del governo, ad affidare Ruby a una sua persona di fiducia come Nicole Minetti e non alla comunità per minori così come era stato disposto dal pm dei minori in servizio quella notte tra il 27 e 28 maggio 2010. Di qui la condanna per “concussione per costruzione” accanto a quella per “prostituzione minorile”.

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