Serve la Corte di giustizia Ue per fare lavorare le imprese. E intanto sulle riforme la politica isolana continua a dormire

27 giugno 2014

Sette giorni lavorativi. Tanto ci è voluto per sbloccare le procedure per il rilascio dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) che sei impianti siciliani attendevano da oltre tre anni. Ad imprimere la svolta, lo scorso 13 giugno, una delibera del Consiglio dei Ministri che diffidava la Regione siciliana, richiedendole di sbloccare le autorizzazioni entro il 24 giugno. Viceversa, gli stabilimenti avrebbero dovuto chiudere i battenti per ritardi dell’amministrazione, e l’Italia (e quindi la Sicilia) avrebbe corso il rischio di essere condannata dalla Corte di Giustizia europea al pagamento di ingenti sanzioni pecuniarie.

“Non possiamo che accogliere positivamente il completamento delle procedure di rilascio dell’Aia”, commenta Giorgio Cappello, vicepresidente di Confindustria Sicilia, con delega all’Energia. “Ci chiediamo, però – aggiunge Cappello – se sia accettabile che un’azienda sana e che vive di libero mercato per poter continuare a svolgere la propria attività, debba rivolgersi alla Corte di giustizia europea. Solo dopo tale intervento, infatti, nel giro di una settimana, sono state rilasciate le autorizzazioni attese da oltre tre anni, a fronte di un massimo di 6 mesi previsti nei Paesi scandinavi, dove, come è noto, la normativa ambientale è all’avanguardia. In questo modo, è chiaro, che le nostre aziende non potranno mai essere competitive”.

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