In Sicilia tornano Province e indennità. E c’è aria di sanatoria edilizia

In Sicilia tornano Province e indennità. E c’è aria di sanatoria edilizia
Rosario Crocetta
11 agosto 2017

Si torna a respirare aria di sanatoria edilizia in Sicilia. C’è invece la certezza che dopo cinque anni di annunci e propaganda, ritornano le Province. Sono gli ultimi due colpi fatti dal parlamento siciliano. Da domani i 90 deputati, infatti, andranno in vacanza. Il ‘bottino’ arriva da un collegato alla Finanziaria approvato ieri da Sala d’Ercole. “I Piani Paesaggistici Territoriali, nell’individuare le specifiche aree di tutela e predisporre le correlate prescrizioni d’uso … devono prevedere la possibilità che le opere di pubblica utilità, realizzate da enti pubblici o società concessionarie di servizi pubblici, e con esclusione dell’impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche, siano realizzabili, previa specifica valutazione da effettuarsi caso per caso della concreta compatibilità con i valori paesaggistici oggetto di protezione..”. E’ uno stralcio della norma appena approvata dall’Assemblea regionale siciliana e che già per molti “puzza “ di sanatoria edilizia. Le polemiche sono già scoppiate in quanto il provvedimento viene definito “sibillino”. Ma per ora si pensa al mare. A settembre si vedrà. Altra cosa è, invece, la riforma delle Province a cui l’Aula ha detto addio. L’occasione sempre il collegato alla Finanziaria, che, tra l’altro, conteneva proprio la legge elettorale degli enti, passata con un quorum appena sufficiente per la votazione: su 90 deputati solo 47 i presenti, 32 i voti favorevoli, 10 i contrari e 4 gli astenuti.

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Che dice la norma? Semplice, reintroduce  l’elezione diretta, al posto di quella di secondo grado, per i sindaci delle città metropolitane, i presidenti di liberi consorzi (ex Province) e i loro consigli. Quindi, tutti alle urne per eleggere consiglieri e presidenti. Se la legge entrerà in vigore le elezioni si dovrebbero svolgere in primavera, quando si voterà per le amministrative. L’Aula ha pensato anche a reintrodurre le indennità: per i presidenti saranno uguali a quelle del sindaco della città metropolitana; per i consiglieri, invece, sono previsti dei rimborsi spese. Per gli emolumenti ne parleremo dopo. Possibilmente tra le pieghe di una norma a pochi giorni dalla fine della legislatura. Come prima, in sostanza. Nulla di nuovo. Solo che sono trascorsi cinque anni. La riforma s’è impantanata e aggrovigliata tra passi falsi, impugnative del governo Renzi e guazzabugli. Quattro anni di commissariamento nel corso dei quali si sono alternati quattro assessori e circa quaranta commissari inviati dal governatore Rosario Crocetta nei sei liberi consorzi, cioè le ex Province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani. Le restanti Palermo, Catania e Messina sono divenute città metropolitane. E sì, liberi consorzi, perché in tutto questo periodo, l’unica vera riforma varata dall’Ars sembra essere il cambio di denominazione degli enti: da “Province” a “Liberi consorzi. E tutto ciò a poco più di due mesi alla fine della legislatura.

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La Corte dei conti ha più volte bacchettato la Regione proprio sulla mancata riforma. L’ultima strigliata poche settimana fa, lanciando l’allarme sul “progressivo deterioramento del sistema di finanza pubblica provinciale”. In molti casi, le difficolta’ finanziarie hanno determinato un blocco dei pagamenti, con conseguente attivazione dei recuperi forzosi mediante trattenute dell’Agenzia delle entrate a valere sui tributi riscossi dallo Stato, scriveva la magistratura contabile. A causa della ridotta solvibilita’, sono aumentati i contenziosi passivi passando tra il 2015 e il 2016 da 30 a 101 milioni di euro. A seguito dell’intensificarsi dell’emergenza finanziaria, evidenziava ancora la Corte dei conti, il marcato ridimensionamento dei budget di spesa ha ridotto al minimo l’attivita’ istituzionale svolta dai liberi Consorzi nei confronti sia degli altri livelli di governo che, soprattutto, dei fruitori dei servizi pubblici. E così hanno risentito particolarmente i servizi per i disabili e quelli di supporto alle scuole di secondo grado; nei casi piu’ gravi, si segnalano gravi ritardi nel pagamento degli stipendi. Insomma, bilanci ingessati, stipendi non pagati, servizi compromessi. Questa è la triste sorte di una riforma incompiuta. E’ oramai divenuto ‘cult’ l’annuncio in pompa magna in tv quattro anni fa da Crocetta con il quale aveva informato gli italiani che “La Sicilia è stata la prima Regione ad abolire le Province”. E rimarrà solo ‘cult’.

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