Stallo industria e crollo petrolio accentuano tribolazioni Bce

Stallo industria e crollo petrolio accentuano tribolazioni Bce
1 dicembre 2014

Industria in recessione e petrolio a picco. Sul finale d’anno sembra profilarsi una accelerazione dei rischi di deflazione per l’area euro. Le indagini sull’attivita’ del manifatturiero hanno segnalato una stagnazione a novembre. E intanto l’inflazione, che secondo i parametri della Banca centrale europea e’ gia’ pericolosamente bassa – appena lo 0,3 per cento – potrebbe accusare ulteriori affossamenti con il calo di tutte le materie prime, che si sta innescando sulla scia della flessione del petrolio. Un quadro che chiama in causa la politica monetaria, e non a caso di recente la Bce ha moltiplicato i segnali sulla possibilita’ di interventi straordinari piu’ energici, in particolare con l’ipotesi di un massiccio piano di acquisti, stavolta esteso ai titoli di Stato. Giovedi’ a Francoforte tornera’ a riunirsi il Consiglio direttivo, ma potrebbe volerci ancora del tempo prima che l’Eurotower si giochi “l’ultima carta” di un Quantitative Easing vero e proprio. Gli sforzi del presidente Mario Draghi e del suo vice, Vitor Constancio, volti a spianare la strata a queste misure, da una parte hanno fatto cementare le attese dei mercati sull’intervento, portando a nuovi cali dei rendimenti dei titoli di Stato.

Dall’altra pero’ sembrano aver sollecitato il fronte dei governatori meno favorevoli, o addirittura ostili alla manovra. Invece del “solito” Jens Weidmann, l’intransigente capo della Bundesbank, stavolta a farsi sentire e’ stata la sua ex collega Sabine Lautenschlaeger, componente del Comitato esecutivo della Bce. Durante un convegno sabato, ha frenato sulla questione, avvertendo che l’ipotesi di acquisti di emissioni pubbliche andrebbe sottoposta a requisiti molto stringenti. Resta tutto da verificare quale sarebbe la consistenza di una eventuale fronda di contrari al Qe, ma anche i favorevoli potrebbero preferire attendere di verificare la consistenza delle misure gia’ prese prima di deciderne altre. Certo, la limitata manovra di acquisti finora avviata non sembra in grado di far compiere al bilancio Bce quel balzo da circa 1.000 miliardi che si prevedeva. In circa un mese di operazioni su obbligazioni garantite l’istituzione ne ha acquistate per solo 17 miliardi di euro, e l’estensione del programma agli Abs, prestiti bancari cartolarizzati, la scorsa settimana e’ partita in sordina con appena 368 milioni. Nel frattempo pero’ la sollecitudine ad agire sarebbe anche giustificabile, perché gli ultimi segnali dall’economia di Eurolandia non sono rassicuranti. L’indagine tra i responsabili degli approvvigionamenti delle imprese, che viene attentamente monitorata dalla stessa Bce, ha mostrato stagnazione del manifatturiero a novembre, con la rilevantissima scivolata in territorio recessivo perfino della Germania, oltre a Italia e Francia. La preoccupazione, ha avvertito il capo economista di Markit Economics Chris Williamson, e’ che l’indebolimento possa contagiare anche i paesi in crescita. Questo dopo che la scorsa settimana Eurostat aveva riferito che l’inflazione dell’area euro e’ tornata ad indebolirsi, ad appena lo 0,3 per cento su base annua laddove la Bce la vorrebbe vicina al 2 per cento. Il protrarsi di questa debolezza aumenta i rischi di una deriva nella deflazione e a piu’ riprese l’istituzione ha avvertito che se servira’ sara’ pronta a fare altro. La dinamica di petrolio e materie prime sembra spingere in tal senso. Oggi l’oro nero ha segnato nuovi minimi dal luglio 2009, con il barile di West Texas Intermediate sceso fino a 63,72 dollari, prima di segnare un parziale rimbalzo.

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