Terremoto Belìce, dopo 47 anni ricostruzione incompleta. “Mancano ancora 430 milioni”

Terremoto Belìce, dopo 47 anni ricostruzione incompleta. “Mancano ancora 430 milioni”
15 gennaio 2015

 

di Giuseppe Novelli

E’ la notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, la forza della natura scuote gran parte della Sicilia occidentale. Un violento terremoto di magnituto 6,1 spazza via case e persone: centinaia di morti, un migliaio i feriti e oltre 70 mila i senzatetto. Fino a oggi non è stata completata la ricostruzione nei 21 comuni colpiti dal sisma. Sono trascorsi quaranta-sette-anni. Mezzo secolo. Per dirla con il sindaco di Partanna (uno dei comuni in provincia di Trapani rasi al suolo dal terremoto) “la ricostruzione è un capitolo aperto”. E così, si celebreranno in un clima di forte e vibrata protesta generale le manifestazioni in occasione del 47° anniversario della calamità naturale. Una ricostruzione, che, tra l’altro, nonostante il risultato del finanziamento di ben 35 milioni di euro, che in seguito a innumerevoli peripezie burocratico-amministrative, è in procinto di essere incassato dai comuni del Belìce, tarda ancora ad avere la parola fine.

A denunciare lo stato dell’arte è lo stesso Coordinatore dei Sindaci del Belìce e sindaco di Partanna, Nicolò Catania (foto). “Le eccessive lungaggini in cui è stata avviluppata la ricostruzione del Belìce nel tempo – afferma il primo cittadino – fanno si che la ricostruzione è ancora un capitolo aperto: mancano 150 milioni di euro per opere pubbliche e 280 milioni per l’edilizia privata, facendo denotare che in tutto questo processo storico, riguardante il nostro territorio, la mancanza principale che si denota è una politica centrale volta ad attuare azioni finalizzate ad un armonico processo di sviluppo economico delle aree interne del Belìce”. Quindi, il coordinatore dei Sindaci del Belice osserva come “gli impegni di alte cariche istituzionali, che sono venute in questi territori, sono serviti a poco. Neanche quelli di Maurizio Lupi, attuale Ministro delle infrastrutture e del Presidente della regione Rosario Crocetta, che lo scorso anno si impegnarono per trovare soluzioni definitive”.

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“Si era parlato di zona franca ma non abbiamo visto i fatti – sottolinea Catania -. Anzi la poca attenzione verso questo territorio è stata dimostrata da tutt’altre azioni, come la tassazione Imu dei terreni agricoli e il via libera alle trivellazioni nel Belice, o peggio ancora, si pensi al latrocinio sui fondi PAC, aggiungo l’estromissione totale dalla legge di stabilità 2015, nonostante gli emendamenti parlamentari, seguiti dal Coordinamento e dai senatori nazionali di riferimento, che dopo essere stati puntualmente presentati e dichiarati ammessi, con un ulteriore scippo, operato dal Governo Renzi, sono caduti nel vano. Ritengo – dice ancora Catania – che non possiamo ulteriormente attendere soluzioni definitive che non vengono proposte dal nostro legislatore. Dobbiamo rimboccarci le maniche noi primi cittadini, a tutela degli interessi delle nostre comunità, lottando ai livelli preposti per ottenere ciò che è un diritto legittimo: sviluppo, infrastrutture, servizi”. In sostanza, “non si può solo pagare i balzelli che ci chiedono i nostri governi, senza ottenere nulla in cambio: solo tagli e mortificazioni”.

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