Turchia-Usa, la guerra dei “visti”. I motivi della crisi tra i due Paesi

Turchia-Usa, la guerra dei “visti”. I motivi della crisi tra i due Paesi
9 ottobre 2017

La sospensione del rilascio dei visti per non-immigranti nelle missioni diplomatiche americane in Turchia da parte degli Stati Uniti ha avuto l`effetto di un fulmine a cielo sereno per il governo turco. Dopo la comunicazione dell`ambasciata USA della capitale turca, oggi l`ambasciata turca a Washington ha annunciato a sua volta che avrebbe bloccato il rilascio di visti per i cittadini statunitensi. Nonostante il governo turco abbia successivamente chiamato la controparte americana a revocare la propria decisione, la situazione resta estremamente tesa di fronte alla sanzione diplomatica più pesante mai imposta dagli Stati Uniti al paese anatolico. E dopo appena due settimane dall`incontro tra i presidenti dei due paesi, che era stata presentata dalla stampa turca pro-governativa come estremamente positiva e “amichevole”.

Come si è arrivati a questo punto?

Punto centrale della comunicazione dell`ambasciata USA che ha dato il via alla crisi dei visti è l`aperta messa in dubbio dell’ “impegno” delle autorità turche a garantire la sicurezza delle sue missioni e dei suoi dipendenti. Sebbene il messaggio non contenga un riferimento concreto, la causa scatenante della crisi è riconosciuta nei recenti arresti di impiegati turchi delle missioni americane in Turchia. In particolare quella di Metin Topuz, impiegato al consolato USA di istanbul, arrestato lo scorso 4 ottobre (dopo una settimana di fermo). Topuz è accusato di “spionaggio” e di legami con il movimento di Fethullah Gulen, ex imam e magnate residente negli USA, ritenuto da Ankara la mente del tentato golpe del luglio 2016. Sull`arresto di Topuz si era espresso in maniera molto esplicita l`ambasciatore USA John Bass, in un incontro stampa con alcuni media “scelti per la loro serietà” presso il consolato americano ad Istanbul e prima di concludere il proprio mandato in Turchia. Commentando l`arresto del dipendente consolare, Bass aveva affermato che qualcuno del governo turco “non cercava giustizia ma vendetta”. L`ambasciatore ed era stato ferocemente attaccato da diversi giornali pro-governativi per per tali affermazioni. Ma prima di Topuz era finito in reclusione lo scorso marzo anche l`interprete del consolato USA di Adana, Hamza Uluçay, accusato di attività terroristica a favore del movimento armato curdo PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan). E oggi N.M.C., un altro cittadino turco impiegato al consolato di Istanbul è stato chiamato dalla procura generale a presentarsi dal PM a deporre, sempre per presunti legami con il movimento di Gulen.

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Diversi cittadini USA trattenuti come “ostaggi politici”

Ma i problemi tra la Turchia e gli USA non si fermano solo agli arresti degli impiegati turchi delle missioni americane. Secondo un recente articolo del New York Times in Turchia sono attualmente imprigionati 12 cittadini statunitensi, definiti “ostaggi politici” dal giornale. La maggior parte degli imprigionati, spiega il quotidiano, sono accusati di avere legami con il movimento di Gulen. A fine settembre, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha lasciato intendere che considera uno di questi prigionieri, il pastore statunitense Andrew Brunson, residente in turchia da 20 anni e agli arresti dall`ottobre 2016 perché ritenuto “una minaccia alla sicurezza pubblica”, come un possibile elemento di scambio con Gulen. Tuttavia ci sono anche altri cittadini turchi che Ankara vorrebbe riavere per altri motivi: in primis il businessman turco-azero Reza Zarrab e Mehmet Hakan Atilla, ex dirigente della Halkbank, attualmente agli arresti e sotto processo con l`accusa di avere aggirato l`embargo degli USA all`Iran. Un caso dove uno dei ricercati è anche l`ex ministro turco dell`Economia Zafer Caglayan e che potrebbe avere importanti ripercussioni per il governo turco.

Altri campi di scontro 

Tra la Turchia e gli Stati Uniti ci sono però altre questioni spinose che riguardano anche la situazione nel Medio Oriente. In particolare l`aiuto di armi che Washington (prima con l`amministrazione di Barack Obama, ora con quella di Donald Trump) fornisce alle forze armate curde YPG/PYD, braccio siriano del PKK, e che rappresenta da diverso tempo un forte motivo scontentezza per Ankara. Inoltre la crisi del processo ai body guard di Erdogan – per aver picchiato delle persone che protestavano contro il presidente turco in visita negli USA e la decisione di Ankara di acquistare un sistema di missili S-400 dalla Russia sono ulteriori nodi dei rapporti tra le due parti. E che non contribuiranno a risolvere facilmente la nuova crisi dei visti.

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