Bce, De Guindos spiega “le due eredità” della crisi pandemica

Bce, De Guindos spiega “le due eredità” della crisi pandemica
Luis de Guindos
1 luglio 2020

“Alti debiti pubblici e prospettive di tassi di interesse che saranno anche più moderate che negli anni ‘precoronavirus'”. Son queste le “due eredità” che secondo il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos la crisi pandemica si lascerà alle spalle. Una crisi in cui si è entrati con “livelli di debito che erano già alti”, in alcuni casi, e “redditività veramente bassa” da parte delle banche europee. Ma in cui la priorità assoluta, secondo quanto affermato dal banchiere centrale durante un evento via internet della National Association for Business Economics deve essere “far sopravvivere la più alta percentuale possibile di imprese” alla fase più acuta.

Quanto alle prospettive di inflazione, “pensiamo che sul breve termine il coronavirus spinga l’inflazione al ribasso, quindi – ha detto – penso che sul breve termine la vera preoccupazione è la deflazione, ma più avanti, nel medio periodo le interruzioni sulle catene produttive e sulle strutture dei costi dovranno essere sorvegliate. La prospettiva sul breve termine è chiara e disinflazionistica – ha ribadito – ma sul medio termine dobbiamo stare attenti”. Sempre oggi è intervenuta anche un’altra esponente della Bce, Isabel Schabel che assieme e De Giudos e alla presidente Christne Lagarde siede nel Comitat esecutivo, il cuore decisionale della politica monetaria. Le condizioni dei mercati sono migliorate ma alla Bce “ci sentiamo molto confortevoli”, ha detto, con l’attuale dotazione prevista sul piano di acquisti di titoli anticrisi pandemica, il Pepp, che potrebbe essere interrotto in anticipo, se il quadro dovesse migliorare in misura tale da non ritenere necessario portare fino in fondo queste operazioni, così come nel caso opposto potrebbe essere invece nuovamente prorogato.

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Schnabel ha parlato durante un convegno online dell’Institute of International Finance. “Le condizioni di mercati sono migliorate – ha detto – è una buona notizia perché ci dice che mercati non hanno bisogno” di interventi “nella stesa misura” di quelli fatti nelle scorse settimane. “La situazione si è calmata un po’ e ovviamente questo tiene conto di diversi fattori”, ha rilevato Schnabel. Sul Pepp “non è per forza necessario usare l’intero pacchetto, si potrebbe anche decidere se servisse di interrompere gli acquisti prima, ma al tempo stesso – ha aggiunto – se la situazione fosse molto negativa si potrebbe decidere una ulteriore proroga. Al momento ci sentiamo molto confortevoli” con il programma, che ad inizio giugno la Bce ha deciso di prolungare di 6 mesi con l’aggiunta di 600 miliardi di euro di acquisti di titoli a 1.350 miliardi totali.

Il tutto mentre si sono visti ancora miglioramenti sui titoli di Stato italiani, le pressioni e i differenziali sui Btp si riducono paradossalmente mentre nella maggioranza di governo sembra invece salire la tensione sul se far ricorso o no alla nuova linea anti Covid del Mes. A fine contrattazioni i tassi retributivi dei Btp a 10 anni si attestano all’1,26%, sui minimi da 3 mesi, e 3 punti base in meno rispetto alla chiusura precedente. Sui Bund equivalenti, invece, i tassi rendimenti sono saliti di 2 punti base e in questo modo lo spread, secondo i dati di Mts, il divario tra i due titoli si è ridotto a 170 punti base, ovvero 1,70 punti percentuali. Dinamiche che più che i propositi sul Mes o non Mes italiani potrebbero appunto riflettere il maxi piano di acquisti messo in campo dalla Bce.

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