Berlusconi non spariglia e sale al Colle, ok su legge elettorale ma no a governissimo

Berlusconi non spariglia e sale al Colle, ok su legge elettorale ma no a governissimo
11 dicembre 2016

Tutto come da copione. Nel senso letterale della parola. Perché al termine delle consultazioni al Quirinale, Silvio Berlusconi si limita a leggere un comunicato. Segnale quanto mai indicativo, insieme al sottrarsi alle domande dei giornalisti, del fatto che il percorso era segnato e non vi era possibilità alcuna di deragliare da esso. Dunque il Cavaliere non spariglia e sale al Colle con i capigruppo, Renato Brunetta e Paolo Romani, per confermargli che Forza Italia non ha alcuna intenzione di appoggiare un governo di larghe intese per uscire dalla crisi. E per ribadire, allo stesso tempo, che c’è invece una disponibilità a sedersi al tavolo della legge elettorale purché essa renda “omogenei i sistemi della Camera e del Senato” e garantisca “la corrispondenza tra la maggioranza parlamentare e la maggioranza popolare”. Come a dire, purché sia di impianto proporzionale: l’unica strada per giocarsela in proprio alle prossime elezioni e non essere costretto alla coalizione con Lega e Fdi. Non solo. Perché il leader azzurro mette in chiaro che non potrebbe bastare nemmeno il sistema che dovesse risultare dalla sentenza della Consulta.

La linea di Forza Italia, ufficialmente, non è mai cambiata in questi giorni. E l’incontro tenuto a palazzo Grazioli con i capigruppo ed altri esponenti azzurri ieri prima di recarsi al Quirinale, non ha fatto altro che confermarlo. Eppure nelle ultime ore, raccontano, sull’ex premier c’era stato un forte pressing perché riconsiderasse l’idea di un governissimo. Pressing che sarebbe arrivato anche dagli ex colleghi di partito, ora in Ncd, che avrebbero raccolto in questo senso quello che appariva un desiderata del presidente Mattarella. Angelino Alfano lo dichiara apertamente dopo le sue consultazioni: “Berlusconi – sostiene dopo aver lasciato lo studio alla Vetrata – ha partecipato alla nascita del governo Letta e a una coalizione di larghe intese, quindi per Forza Italia quello di un esecutivo di responsabilità “non è un esperimento ignoto e noi auspichiamo la forma più diretta di coinvolgimento possibile”. Mentre, tuttavia, il ministro dell’Interno pronunciava queste parole, a palazzo Grazioli già rimbalzavano notizie di altro tipo. E cioè che dentro il Partito democratico si stava ormai chiudendo un accordo su Gentiloni. Boatos sufficienti a stoppare il discorso del governissimo sul nascere.

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Raccontano, inoltre, che ancora una volta Silvio Berlusconi sia tornato ad attaccare Matteo Renzi, vittima “della sua arroganza” e “irragionevolezza”. A Mattarella, dunque, avrebbe manifestato la sua ferma contrarietà a un bis del premier uscente, chiamandolo con distacco “il signor Renzi”. Più soft, invece, i toni usati durante il pranzo nei confronti di Salvini e Meloni tanto da dare il via libera a organizzare, per la prossima settimana, un incontro per decidere una linea comune. Alla fine, come sempre, in Silvio Berlusconi a prevalere è stato il calcolo dei pro e dei contro. Entrare in un governo di larghe intese ora, per di più del quale non si sa la durata, avrebbe spaccato non soltanto il suo partito ma anche la coalizione di centrodestra. Un costo troppo elevato a fronte dell’incognita che ancora aleggia sulla legge elettorale con la quale si tornerà alle urne. Allo stesso tempo, l’ex premier ottiene che la legislatura prosegua, come da lui auspicato, sebbene continui pubblicamente a ribadire di volere urne al più presto. C’è poi un altro calcolo che è stato fatto a palazzo Grazioli: rimanere fuori da un governissimo ora rende più probabile la possibilità di entrare a farne parti domani, dopo le elezioni politiche.

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